L’Aquila. Sembra il titolo di un romanzo di Gadda, ma purtroppo è cronaca amministrativa. “Quer pasticciaccio brutto della rigenerazione urbana” non si consuma stavolta in un tetro palazzo al civico 219 di via Merulana, vicino al Colosseo, ma negli uffici della Regione Abruzzo, dove un bando per i fondi destinati ai piccoli Comuni ha scatenato una tempesta di dubbi, sospetti e protocolli lampo. Nei giorni scorsi la polemica aveva sollevato molti interrogativi. Ora la situazione sembra ancora fuori controllo. Tutto è cominciato quando, nel giro di pochi minuti dalla pubblicazione online, alcune domande sarebbero già arrivate complete di tutto: progetti, firme, allegati e magari anche un pizzico di fiuto politico. Un’efficienza supersonica degna di ammirazione, se non fosse che qualcuno, tra opposizioni e cittadini, sospetta che più che di velocità si tratti di… preavviso. Il resto, come spesso accade, è un intreccio di dichiarazioni, giustificazioni e indignazioni.
E così è sembrato che da un lato ci fosse chi corre per vincere e dall’altro chi, a quanto pare, parte già dal traguardo. È quanto sembra emergere, con tutti i condizionali del caso, dal bando regionale per la rigenerazione urbana in Abruzzo, dove la rapidità con cui alcuni Comuni hanno presentato domanda ha suscitato più di un sopracciglio. Il bando, pubblicato alle 15 di un tranquillo lunedì pomeriggio, ha visto comparire protocolli già pieni di allegati e progetti nel giro di pochi minuti. Troppa efficienza? O semplice preveggenza digitale? E così alcuni comuni, forse vicini alla maggioranza regionale, si sarebbero ritrovati a sorpassare comuni politicamente più distanti e che prima erano più in alto nella graduatoria.
Il senatore del Pd Luciano D’Alfonso non ha usato mezzi termini: “I fondi pubblici non sono premi per amici”. E ha rincarato, con sarcasmo amaro: “È mai possibile che ci siano Comuni tanto virtuosi da avere un dipendente pronto, alle 15 di un lunedì pomeriggio non lavorativo, a cliccare il tasto di invio appena apparso il bando?”. Altro che giallo Gaddiano, sembra un’ipotesi che suona più da commedia che da amministrazione.
Il punto critico è la regola del “chi prima arriva meglio alloggia”, inserita nel testo dell’avviso. Le domande, infatti, sarebbero state valutate in ordine cronologico, facendo fede l’orario di protocollazione. D’Alfonso parla di “Tac amministrativa” da fare alla Regione, evocando l’immagine di un Abruzzo in cui “le perle vanno a pochi e le briciole agli altri”. La richiesta è chiara: azzerare tutto e ripartire. Stavolta non dalla velocità di connessione, ma dai bisogni reali dei territori.
Il caso però, ora si è infiammato ulteriormente dopo il post social di Benedetta Fasciani, dirigente regionale e al tempo stesso esponente di Fratelli d’Italia, che ha ringraziato pubblicamente il presidente Marco Marsilio per i fondi ottenuti dal suo Comune, Tagliacozzo. La notizia, apparsa a molti già di per sé poco sobria per un ruolo tecnico, avrebbe scatenato un vespaio anche dentro la stessa maggioranza. L’accusa implicita: confondere il profilo istituzionale con quello politico.
Il segretario del circolo Pd di Tagliacozzo, Franco Salvatori, ha espresso “seria preoccupazione” al riguardo per una gestione che, dice, “dovrebbe basarsi su criteri oggettivi e comparativi, non su indirizzi dei vertici politici”. E aggiunge con tono civile ma tagliente: “Mi chiedo come reagisca un cittadino di fronte a tutto questo: forse perdendo fiducia nelle istituzioni e disertando le urne, fonte battesimale della democrazia?”.
La domanda resta sospesa, insieme al dubbio. Perché se da un lato è giusto concedere il beneficio della buona fede (perché nessuno può accusare senza prove), dall’altro la coincidenza tra velocità di protocollo e appartenenze politiche odora di déjà vu. E non di quelli che fanno nostalgia.
Nessuno nega che la Regione, guidata da Marsilio, possa aver agito nel rispetto delle regole. Ma quando le regole sembrano costruite per premiare chi conosce in anticipo l’ora esatta di partenza, allora la partita è falsata in partenza.
Forse la soluzione è semplice, come suggerisce D’Alfonso: “Ripartire da zero”. Rifare il bando, cancellare i sospetti, e restituire ai Comuni la sensazione di vivere in una Regione dove la velocità non vale più della giustizia.
In fondo, la rigenerazione più urgente non è quella urbana. È quella della fiducia.