Avezzano. Domani, alle 14, si terrà al Tribunale la quarta udienza del processo a carico di Andrea Leombruni, accusato dell’uccisione dell’orsa Amarena, avvenuta il 1° settembre 2023 a San Benedetto dei Marsi.
All’udienza sarà presente anche l’associazione Appennino Ecosistema, costituitasi parte civile insieme ad altri quaranta enti e associazioni, per chiedere l’applicazione delle più severe norme del codice penale in materia di tutela ambientale, introdotte a seguito della Direttiva europea sulla protezione penale dell’ambiente.
Nella scorsa udienza del 18 luglio, la difesa dell’imputato aveva sollevato eccezioni sulla validità degli atti di polizia giudiziaria, contestando i sopralluoghi dei Carabinieri effettuati subito dopo l’accaduto. La decisione del giudice in merito è attesa proprio per domani, quando il procedimento dovrebbe entrare nella fase dibattimentale.
L’associazione sottolinea come il reato non possa essere derubricato alla sola uccisione di animali (art. 544-bis c.p.), ma debba essere perseguito anche come uccisione di specie protette (art. 727-bis c.p.) e, soprattutto, come delitto ambientale (art. 452-bis o 452-quater c.p.), che puniscono chi causa una compromissione significativa e misurabile della biodiversità e degli ecosistemi.
Secondo il presidente di Appennino Ecosistema, il giuri-ecologo Bruno Petriccione, “l’uccisione di una femmina di orso bruno marsicano, specie a rischio di estinzione, ha comportato un danno concreto alla sopravvivenza dell’intera popolazione, già ridotta a poche decine di esemplari, con una perdita stimata del 5%. Si tratta quindi di un grave colpo alla biodiversità degli Appennini centrali, non paragonabile a quello dell’uccisione di un animale domestico”.
L’associazione ricorda che già nel 2014 un episodio simile a Pettorano sul Gizio era rimasto senza conseguenze penali adeguate, e auspica che questa volta venga applicato l’impianto normativo sui reati ambientali introdotto nel 2015.