Avezzano. Ottavo appuntamento con #Psicotime, la rubrica in collaborazione con la psicologa Giulia D’Ascanio.
A quanti di voi è capitato di pensare costantemente a un problema senza trovarvi una soluzione? Quante volte pensate e ripensate a qualcosa che è accaduto e che vi preoccupa, sentendovi come se foste all’interno di un labirinto senza via di uscita?
Molto probabilmente in questi casi, state facendo quello che si chiama “rimuginare”. Di per sé, la preoccupazione è un normale meccanismo psicologico; il suo scopo è quello di risolvere un problema, uno stato di inquietudine che, per qualsiasi ragione, ci priva della tranquillità. In circostanze normali, questa attivazione cognitiva, fisica ed emotiva, ci permette di adottare strategie utili per ridurre incertezze, timori e per trovare una soluzione. Di base ci preoccupiamo il più delle volte per due sostanziali motivi:
- Perché anticipiamo un evento negativo: ad esempio abbiamo paura che non riusciremo a fare qualcosa, o che una situazione a lavoro non vada come speriamo, o ancora abbiamo la sensazione di perdere qualcuno.
- Perché ripensiamo a un evento già accaduto che non ci lascia tranquilli: un nostro gesto che ha deluso o fatto male a qualcuno, un senso di colpa per qualcosa che abbiamo fatto, le motivazioni che ci hanno spinto a non fare quello che volevamo. (“come sono arrivato a questo punto?”, “perché in quell’occasione non sono riuscito a dire quello che pensavo?….).
Inoltre, tendiamo inconsciamente a pensare che “preoccuparci” molto delle cose, ci renda più responsabili; abbiamo la convinzione che passare delle ore a pensare a un determinato problema possa aiutarci a trovare una soluzione o ad ottenere un controllo maggiore sul problema. In realtà, non è quasi mai così in quanto è proprio l’eccessiva preoccupazione ad alimentare l’ansia e a bloccarci nell’agire. È quello che viene definito un “rimuginio”, uno stato in cui la mente non smette di pensare alle stesse cose, anche anticipando eventi negativi. È un meccanismo che non porta alla risoluzione di un problema ma anzi, lo alimenta: più pensiamo, meno agiamo, più è probabile che non risolveremo quello che ci preoccupa e di conseguenza restiamo in un impasse che provoca maggiore ansia.
Cosa fare per ridurre il rimuginio?:
- Parlare con qualcuno: questo ci permette spesso di individuare più velocemente le nostre idee irrazionali, avendo una persona al nostro fianco che possa “smontare” i nostri timori esasperati.
- Smettere di concentrarsi ossessivamente sul problema: non dobbiamo pensare al problema ma alle soluzioni; focalizzarsi sul perché siamo arrivati a una determinata situazione, non servirà ad uscirne. Proviamo a trovare obiettivi da raggiungere e soluzioni pratiche.
- Stabilire scadenze per prendere decisioni: se ci concediamo tutto il tempo del mondo per prendere una decisione, molto probabilmente tenderemo a rimuginare senza passare all’azione.
- Non rimandare: quando già abbiamo chiaro cosa dovremmo fare e come dovremmo agire, non rinviamolo, anche se ci fa un po’ di paura: procrastinare complica solo la situazione e prolunga il nostro rimuginio.
- Fermarsi in tempo: alcune circostanze, non favoriscono un pensiero lucido (ad esempio se siamo stanchi o nervosi o arrabbiati). Bisogna dirsi: “NON ORA” e aspettare anche solo 20 minuti, o anche il giorno dopo se abbiamo tempo, prima di rivalutare il problema.
- Non alimentare paure imprecise: quando ci sentiamo sopraffatti, chiediamoci sempre: “di cosa ho paura esattamente?”; molto spesso processo ci aiuta a scartare i pensieri più irrazionali.
- Allentare il controllo: in un modo o nell’altro, qualsiasi nostra azione può essere un piccolo salto nel vuoto. Se tentiamo sempre di eliminare il rischio, alimenteremo un ciclo di inazione che ci limiterà ad agire praticamente sempre.
Giulia D’Ascanio, psicologa clinica.