Avezzano. Cinquantanovesimo appuntamento con Psicotime, la rubrica in collaborazione con la psicologa Giulia D’Ascanio. Si sa che essere genitore è un compito difficile; è importante però sintonizzarsi con loro e con le proprie emozioni, senza temerle.
Molto spesso capita che, non sapendo come affrontare le paure, i timori e i dispiaceri del proprio figlio, una mamma o un papà non rispondano in modo adeguato alle esigenze emotive dei piccoli, o che se ne facciano investire. In questo modo, i bambini crescono non avendo a disposizione un buon contenimento per gestire i propri sentimenti. Si dice che l’universo ha senso solo quando abbiamo qualcuno con cui condividere le nostre emozioni.
Il modo in cui i genitori si pongono rispetto alle emozioni dei figli ha un forte impatto nella vita di questi ultimi. Ci sono modi diversi di gestire le emozioni e non tutti lo fanno in maniera uguale. In effetti, esistono quattro stili diversi nella gestione delle emozioni: il genitore che ignora le emozioni, il genitore che lascia fare, il genitore sprezzante e il genitore allenatore di emozioni.
Associando l’atteggiamento dei genitori nei confronti delle emozioni dei figli, con i quattro stili genitoriali – trascurante, permissivo, autoritario e autorevole – emergono i seguenti stili di educazione alle emozioni:
- Il genitore che ignora del tutto l’espressione delle emozioni del proprio figlio è solito a considerare le emozioni come qualcosa di banale o una seccatura. Durante i picchi emotivi del figlio tende ad allontanarsi, per evitare quella che considera una incombenza educativa di poco conto. La conseguenza è che il bambino viene lasciato solo nella gestione emotiva e non apprende le strategie di pensiero per convertire le emozioni, ad esempio di rabbia o di tristezza, in energia utile e positiva. Questo atteggiamento rispecchia uno stile genitoriale trascurante.
- Il genitore che lascia fare al bambino è un genitore che riconosce quando il bambino sta attraversando uno stato emotivo e decide di lasciare a lui la gestione dell’emozione, salvo poi quando l’emozione sfocia in un comportamento dannoso, ad esempio quando la rabbia sfocia in aggressività; in questo caso ricorre a negoziazioni improvvisate e lusinghe pur di far smettere il proprio figlio. Questo atteggiamento rispecchia uno stile genitoriale permissivo.
- Il genitore duro e sprezzante è quel genitore che mostra un atteggiamento di disapprovazione quando il figlio esprime le proprie emozioni, spesso è un genitore che ricorre all’uso di punizioni o di minacce pur di stoppare l’espressione delle emozioni che lui non accetta. La conseguenza è che i bambini imparano a poco a poco a reprimere le loro emozioni con tutte le conseguenze che ci sono a livello di stress personale e di scarsa relazione con il genitore da cui è intimorito. Questo atteggiamento rispecchia uno stile genitoriale autoritario.
- Aggiungerei anche quel genitore che di fronte a un’emozione come la tristezza, l’ansia o un disagio espresso dal figlio se ne fa investire, diventando lui stesso non una compensazione adeguata, ma un ulteriore aggravamento. Così come può capitare che il genitore trasmetta delle emozioni riguardanti il figlio che sono più le proprie, che del figlio stesso.
Qual è l’atteggiamento genitoriale più utile per guidare i propri figli alla conoscenza e alla gestione delle loro emozioni?
- Il genitore “allenatore di emozioni”. È quel genitore che dà la giusta considerazione ai sentimenti dei propri figli, tanto da entrare in sintonia con il loro stato d’animo e da guidarli verso la gestione più appropriata delle emozioni. È un genitore che si approccia empaticamente al figlio comprendendolo e ha un atteggiamento preventivo e attento nei suoi confronti. È consapevole che anche le sue azioni possono far scaturire reazioni emotive. I bambini guidati in questo modo sono più abili nel gestire le loro emozioni, le riconoscono più facilmente e ad un certo punto trasformano autonomamente i loro sentimenti in energia positiva. Questo atteggiamento rispecchia uno stile genitoriale autorevole.
Giulia D’Ascanio, psicologa clinica