Avezzano. Quinto appuntamento con la rubrica #Psicotime , in collaborazione con la psicologa clinica Giulia D’Ascanio.
In questo periodo di emergenza sanitaria, sono dilagate numerose teorie complottiste sulle cause della diffusione del Covid-19. Una teoria complottista è la convinzione che ci siano gruppi di persone che si incontrano in segreto per pianificare e organizzare obiettivi malevoli; attribuisce quindi la causa di un evento, o di una catena di eventi, a un complotto.
Ci sono una serie di meccanismi psicologici che sembrano contribuire a questi processi; vediamo quali:
- Bisogno di comprensione e coerenza: l’essere umano, anche per sua natura, non riesce a stare nel caos e tende a spiegare e a organizzare nella propria mente quello che lo circonda, costruendo una comprensione e una spiegazione chiare e coerenti degli eventi. Le teorie del complotto offrono più facilmente questa possibilità, nei casi in cui è particolarmente difficile spiegarsi il perché di qualcosa.
- Necessità di controllo: le persone si affidano alle teorie complottiste per sentirsi più sicure e più sotto controllo. Quando si sentono minacciate in qualche modo, individuare le fonti di pericolo può essere un modo per fronteggiare l’ansia.
- Bassa autostima: secondo alcuni studiosi, questa componente, insieme a un’emarginazione sociale, crea terreno fertile per il complottismo: sentendo un rifiuto da parte della società, queste persone respingono i convincimenti che la massa condivide.
- Effetto consolatorio: seppur a breve termine, la mentalità complottista è una mentalità che porta benefici: al posto dell’ansia e dell’incertezza, ci si sente infusi da quella che sembra conoscenza. L’autostima ferita riceve un’iniezione di fiducia, perché si ha l’impressione di far parte di quella minoranza che sa davvero cosa succede.
- Meccanismo di difesa: quando le persone si sentono svantaggiate, sono motivate a trovare modi per aumentare la propria percezione di sé; incolpare qualcun altro collegandolo a trame maligne, fornisce un capro espiatorio su cui scaricare questo senso di ingiustizia che vivono.
Giulia D’Ascanio, psicologa clinica.