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Psicotime #38: tutti mentono, ma non allo stesso modo

Redazione Abruzzo di Redazione Abruzzo
6 Gennaio 2021
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Avezzano. Trentottesimo appuntamento con Psicotime, la rubrica in collaborazione con la psicologa Giulia D’Ascanio. Chi sostiene di non aver mai detto una bugia in vita sua, con ogni probabilità sta mentendo: da vari studi condotti in passato, emerge che le persone sono solite mentire tra le dieci e le duecento volte al giorno.

Per la maggior parte, si tratta di bugie inoffensive. Sono piccole menzogne tese a fluidificare la vita sociale e a salvaguardare i rapporti interpersonali o l’immagine di sé: “Certo, va tutto alla grande”, “sto arrivando”, “che piacere vederti”, “scusa, la tua email era finita nella spam”, “ti trovo in ottima forma”, “oh, grazie, desideravo proprio una cravatta marrone”.

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A seconda di alcuni fattori, si tende a mentire di più; ad esempio, in uno studio assai citato, si è diviso in coppie 242 studenti che non si conoscono. All’interno di ciascuna coppia, uno studente deve autopresentarsi all’altro, o all’altra, nel corso di un incontro della durata di dieci minuti.

Ad alcuni è assegnato il compito di “apparire competenti”, ad altri quello di “apparire gradevoli”, e a un gruppo di controllo non viene data nessuna raccomandazione specifica. Risultati: oltre il 60 per cento degli studenti intervistati dal ricercatore ammette di aver detto una media di tre bugie nell’arco di dieci minuti (ma si registrano picchi di dodici bugie).

Non c’è differenza quantitativa tra menzogne maschili e menzogne femminili, ma risulta chiaro che chi ha un obiettivo specifico mente più di chi non ne ha: come se la pura verità non bastasse ad apparire simpatici o competenti. In un ulteriore studio condotto con gli stessi criteri, si verifica che il 78 % dei partecipanti mente e che le menzogne crescono (questo è un punto interessante) se ai partecipanti viene detto che avranno ulteriori occasioni per incontrarsi (come se mentire serva a volte a preservare una buona immagine di sé a qualcuno con cui si dover stabilire un altro qualsivoglia tipo di contatto.)

Un altro fattore da prendere in considerazione è che si tende a mentire meno quando è mattina; al contrario quando si avvicina la sera siamo più avvezzi alle bugie. Mentire implica un notevole sforzo cognitivo, dato che il cervello deve costruire dal nulla una coerente realtà alternativa.

È un compito che dovrebbe risultare più gravoso quando si è più stanchi. Infatti, il motivo per cui di sera si mente di più ha a che fare proprio con la stanchezza: l’autocontrollo a sua volta si affatica, e allenta la sua sorveglianza a mano a mano che affronta i compiti della giornata.

Così, il pomeriggio e la sera le persone sono più propense a mentire (i ricercatori registrano un incremento della propensione del 20 per cento, che è notevole), così come sono più propense a trasgredire attuando comportamenti antisociali, o a eccedere con cibo e alcol.

Controintuitivamente, chi ha una bassa autostima ed è insicuro, tende a mentire di più; questo accade sia per il fatto che la persona in questione non si accetta per come è (e ha quindi paura del giudizio di terzi) e inoltre perché, raramente ha il “coraggio” di riportare le proprie idee se dovesse esserci un confronto sociale o prendersi delle responsabilità dei propri pensieri, nel caso in cui ci sia la possibilità che non vengano condivisi.

In ogni caso dicevamo: mentire è faticoso. Ma diventa meno faticoso quanto più il cervello si abitua a dire bugie. La disonestà è una parte integrante del nostro mondo sociale e influenza ambiti che vanno dalla politica, alla finanza, alle relazioni interpersonali. Alcune ricerche attestano il verificarsi di un incremento graduale (gradual escalation) della disonestà egoistica, via via che l’abitudine alla menzogna riduce il disagio etico connesso con il fatto stesso di mentire. Inoltre, quanto prima si comincia a mentire, quanto meglio ci si adatta a farlo più frequentemente, e con bugie maggiori, o peggiori. I ricercatori parlano testualmente di “effetto palla di neve”.

Esistono, in sostanza, molti motivi per mentire. Ma, anche se “tutti mentono”, le bugie non sono tutte uguali. Ci sono, tra bugia e bugia, differenze sostanziali, che noi percepiamo in maniera intuitiva.

Si possono dire bugie per cortesia e per amore, o per evitare un momento di imbarazzo, o per (come si dice) indorare la pillola. Ma si dicono bugie anche per non trovarsi in una posizione sfavorevole o per conquistarne una più favorevole; per evitare un danno o per ottenere un vantaggio sfruttando la dabbenaggine altrui. Si dicono bugie per danneggiare qualcuno o, al contrario, per avvantaggiarlo, e per discolparsi o per esaltare le proprie virtù.

Ma la distinzione forse più importante riguarda l’intenzione con cui si mente e le conseguenze della bugia. Piccole bugie quotidiane (le bugie bianche) sono prosociali, dettate dall’empatia e dal desiderio di non offendere o di compiacere. Sono, in sostanza, bugie altruistiche, per molti versi socialmente accettabili e addirittura, almeno nel breve termine, benefiche. Il fatto che anche molti animali che vivono in gruppi usino questo tipo di bugie, sembra confermare che si tratta di un comportamento che offre un vantaggio adattativo.

CONTROINDICAZIONI: perfino le bugie bianche hanno controindicazioni: danneggiano l’autostima. A lungo andare, diminuiscono il grado di intimità in una relazione affettiva e la rendono stereotipata. Riducono la fiducia reciproca. Distorcendo la realtà in termini troppo favorevoli, disincentivano il confronto, il cambiamento, il miglioramento e la crescita. Possono risultare sempre più difficili da sostenere nel tempo.

Ci sono anche bugie antisociali, intese a ingannare, truffare, manipolare, disinformare, calunniare. Sono bugie intese a ottenere un vantaggio materiale o immateriale ai danni di qualcuno, o di molti. Sono definite bugie nere.Hanno una finalità squisitamente egoistica e possono avere conseguenze spaventose.

In ogni caso, a prescindere dal tipo di menzogna, dire meno bugie (bugie bianche comprese) migliora lo stato di salute. E perfino la qualità delle relazioni. Insomma: meglio andarci piano.

 

Giulia D’Ascanio, psicologa clinica

Tags: PsicoTime
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