Magliano. Non c’era alcun patto tra amministratori comunali e imprenditori per gestire gli appalti. Lo ha stabilito il giudice per l’udienza preliminare del tribunale dell’Aquila in merito al processo per l’operazione anticorruzione Penelope, che vedeva accusati il sindaco Gianfranco Iacoboni, 60 anni, l’assessore ai Lavori Pubblici, Angelo Iacomini (46), attuale vicesindaco, e gli imprenditori Franco e Sergio Celi, titolari di un’azienda di lavorazione inerti. Sono stati prosciolti dal giudice Guendalina Buccella dall’accusa di corruzione per un appalto pubblico che aveva portato al clamoroso arresto a Magliano del primo cittadino e dell’assessore, oltre a quello di due imprenditori locali. Restano altre accuse di carattere ambientale e amministrative per i fratelli celi che sono stati rinviati a giudizio. I provvedimenti cautelari erano stati disposti dal gip Giuseppe Romano Gargarella che aveva accolto la richiesta del pm dell’Aquila Antonietta Picardi. Il mese scorso era stato chiesto il trasferimento del processo ad Avezzano ma le eccezioni di nullità dei capi di imputazione e di incompetenza territoriale avanzate dalle difese non erano state accolte. Nell’inchiesta erano finiti anche i nomi di altre quindici persone accusate a vario titolo di reati che vanno dalla corruzione al furto aggravato, dalla truffa alle violazioni ambientali. L’udienza che si è tenuta ieri davanti al gup dell’Aquila ha messo fine a una vicenda che aveva scosso l’opinione pubblica marsicana e che aveva fatto piombare l’amministrazione del comune marsicano e la popolazione nello sconcerto più totale. Secondo l’accusa tra gli amministratori e gli imprenditori c’era un preciso patto per la conduzione dei lavori legata a una cava. Il quadro accusatorio parlava di imprenditori «spregiudicati» che traevano dallo smaltimento macerie il massimo del guadagno grazie a politici «conniventi» pronti a firmare delibere di favore in cambio di voti, assunzioni e contributi per la squadra di calcio. Accuse che ora sembrano essere decadute dopo gli accertamenti delle forze dell’ordine e della magistratura aquilana. Inoltre i giudici hanno accusato i due imprenditori anche di aver realizzato sei ville a schiera a Carsoli con l’utilizzo di cemento armato di cui non si conoscerebbe la qualità. Per questo reato e per i reati di materia ambientale come la gestione illegittima di rifiuti ed eccessiva escavazione, i Celi sono stati rinviati a giudizio davanti al tribunale di Avezzano il 15 ottobre. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Leonardo Casciere e Antonio Iannucci per gli amministratori comunali e Antonio Milo per i Celi.