Avezzano. Sorridono quando vedono la macchina fotografica. Sperano che da oggi avranno un’altra possibilità, che li aspetta una nuova vita, per ricominciare da zero. Hanno perso tutto e tutti, gli rimangono solo i sogni. I profughi arrivati nel centro merci di Avezzano sono il simbolo della disperazione e, allo stesso tempo, della speranza. Sono 40 tra pakistani, algerini e di tutta l’Africa centrale.
Yoruba, 25 anni, nigeriano, non sorride. In un momento gli hanno sterminato la famiglia, padre, mamma, e fratelli. E’ rimasto da solo. Gli integralisti islamici nigeriani hanno fatto esplodere una bomba in chiesa, nel nordest della Nigeria. Lui si è salvato, ma non si è salvata la sua dignità di cittadino libero. E’ dovuto fuggire, come un malvivente. L’organizzazione terroristica Boko Haram continua a colpire chi è “colpevole” di voler studiare qualcosa di diverso dal Corano. Non c’è altra scelta che fuggire se si vuole restare coerenti con il proprio cuore, con la propria fede. All’interporto di Avezzano c’è anche una ragazza incinta, con il suo compagno, anche loro fuggiti da quella che ormai in Pakistan ha assunto i contorni di una guerra civile. Si è disposti a tutto pur di andare via, anche ad affidarsi a organizzazioni criminali.
Ci raccontano, in francesce e con qualche parola di inglese, che l’Italia per loro era l’unica chance, l’unica possibilità di salvezza. Presto nascerà un bambino e loro vogliono che sia italiano. Non ci pensano su poi molto a rinnegare il loro Paese, la loro identità, che oggi è un’identità negata.
Chiedono asilo politico, come tutti gli altri arrivati ad Avezzano e accolti dalla Croce Rossa. Nel 2013 sono state avanzate circa 38 mila richieste. Ma solo una su dieci viene accettata. Gli altri diventano, spesso, clandestini, spacciatori, o eroi coraggiosi che tornano a casa e cercano una via d’uscita, una porta di sicurezza. Per loro si cerca un posto. L’interporto è una sistemazione provvisoria. Ma spesso in Italia la provvisorietà diventa ordinarietà. Solo quattro di loro sono cattolici, gli altri tutti musulmani.
I volontari della Croce rossa regionale, guidati da Pierluigi De Ascentiis, responsabile del polo logistico marsicano, e Loredana Narcisi, responsabile amministrativa, guidati dalla vicepresidente nazionale Mariateresa Letta, stanno cercando di farli sentire a loro agio e soprattutto di non violare le loro abitudini, il loro credo.
Mangiano solo carne macellata con il metodo Halal, cioè compiuta da un musulmano adulto, recidendo la trachea e l’esofago e orientando la testa dell’animale in direzione della Mecca. La Croce rossa ha reperito tutti i polli Halal disponibili all’Iper Coop di Avezzano, ma ora si sono dovuti rivolgere a una ditta specializzata con certificazione Halal.
Presto dovranno andare via dall’Interporto. Si cercano hotel che possano ospitarli, come avvenuto nelle altre tre province abruzzesi. In passato l’Abruzzo a causa del terremoto è stato esentato dal dover accogliere profughi. Dal 2014 le cose sono cambiate.
C’è chi non tollera questa politica di assistenza nei confronti degli stranieri che spesso intraprendono attività criminali in Italia, come accade di frequente nel Fucino. Yoruba però è ottimista: “qui sono tutti gentili, l’Italia è un Paese accogliente e gli italiani sono comprensivi e altruisti, possiamo ancora sperare per la nostra vita. Qui non abbiamo più paura, ci sentiamo protetti e rispettati, perché ci è stato restituito il diritto di rimanere esseri umani”.
Pietro Guida