Avezzano. Continuano davanti al tribunale di Avezzano gli interrogatori di garanzia per gli indagati nell’inchiesta “master list” su presunti appalti truccati in Abruzzo.Davanti al giudice giudice per le indagini preliminari Francesca Proietti ieri sono comparsi gli imprenditori Sergio Giancaterino di Penne (Pescara), il faccendiere Antonio Ruggeri di Avezzano e l’ex vicesindaco di Canistro, oggi consigliere di maggioranza, Paolo Di Pietro, l’unico che non ha parlato, avvalendosi della facoltà di non rispondere.
Ruggeri, difeso dall’avvocato Raffaele Mezzoni, ha respinto le accuse sostenendo di non essersi mai occupato di gare d’appalto e di aver interrotto i suoi rapporti con la santa sede dal 9 anni. Ha sostenuto di aver gestito delle somme per conto di Giancaterino ma di non essere un faccendiere. Giancaterino, difeso dagli avvocato Antonio Pascale e Leonardo Casciere, avrebbe ammesso di aver dato delle somme di denaro, confermando in parte le accuse dei pm Maurizio Maria Cerrato e Roberto Savelli. Di Pietro, assistito dall’avvocato Armando Di Pietro, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
I nomi della coppia Giancaterino-Ruggeri spunta anche nella vicenda della mega discarica di Bussi, in particolare sulle voci che hanno avvelenato il processo e la sua sentenza. Sembra fossero proprio loro, secondo quanto emerge dalle carte processuali, a mettere in circolazione le voci sulla presunta sentenza pilotata . I loro nomi, infatti, figurano nelle sommarie informazioni che l’ex direttore generale della Regione Abruzzo, Cristina Gerardis, rilascio il 15 luglio 2015 ai magistrati di Campobasso che stavano indagando sulla presidente della Corte d’Assise di quel processo Camillo Romandini, la cui posizione è stata archiviata. Secondo la Gerardis, i due arrestati dell’inchiesta avezzanese avrebbero confidato al commissario Adriano Goio che la sentenza su Bussi sarebbe stata pilotata. Si tratta però di circostanze su cui non c’è stata mai alcuna prova e nessun riscontro, se non le voci dei due indagati.
I nomi di Giancaterino e Ruggeri sarebbero quindi stati associati già in precedenza, in tempi non sospetti. Secondo il Gip di Avezzano Proietti, nelle conversazioni telefoniche emergono discorsi in cui i due pensano che il loro modo di agire sia l’unico per poter lavorare nel settore degli appalti, provando di fatto ad avvicinare qualsiasi politico o dirigente, indipendentemente dalla propria disponibilità, nella convinzione che tutti siano corrotti. “Tutti i soggetti coinvolti nella presente vicenda”, afferma il gip, “sono pienamente convinti dell’inesistenza di alcuna gara di asta pubblica che non sia condizionata da accordi illeciti e, di conseguenza, di come sia quello illecito da loro adottato l’unico modo di agire possibile per potere operare con successo nel settore”.
Ora acquista maggiore significato anche la a vicenda riguardante la vigilia della sentenza del maxiprocesso di primo grado di Bussi ai 19 ex dipendenti della Montedison in cui i due indagati della procura di Avezzano erano stati individuati da quella di Campobasso come l’origine della voce di una possibile tangente per aggiustare la sentenza.