Avezzano. “Non posso negarlo, è stato un grande spavento. Ora voglio solo tornare a casa e riabbracciare mia moglie e mio figlio. E’ la cosa che desidero di più in assoluto”. Con queste parole inizia il racconto di uno dei primi marsicani a cui è stato riscontrato il Covid – 19. Adesso sta bene, il periodo più difficile, tanto da un punto di vista fisico quanto da un punto di vista emotivo, è alle spalle. In attesa di tornare a casa si trova all’hotel Cristallo di Campo Imperatore. E’ assieme ad altre dieci persone, stanno tutti bene e si tengono forza l’uno con l’altro. Qui transitano coloro che il virus lo hanno sconfitto e sono in procinto di essere dimessi.
“Non sono certo di come io possa aver contratto il Coronavirus” dichiara l’uomo”probabilmente a un funerale al quale ho partecipato, dove erano presenti alcune persone provenienti dal nord. Con una di loro, in particolare, ho avuto contatti fisici. Non a caso, dopo qualche giorno, ho iniziato ad avvertire i primi fastidi. Inizialmente giramenti di testa, poi qualche linea di febbre, che non superava mai 37, e una lieve, ma costante, debolezza”.
Racconta come la causa scatenante, quella che lo ha portato a conoscenza della malattia, sia stata un mancamento. “Un pomeriggio sono andato in camera da letto per sdraiarmi e, mentre mi accingevo a farlo, sono svenuto. Nel cadere ho battuto la testa, procurandomi una profonda ferita. Mia moglie, spaventata dal tonfo, è accorsa. Mi ha svegliato. Perdevo molto sangue e così sono andato all’ospedale. Dopo aver fatto alcuni accertamenti hanno scoperto la mia positività al Covid-19. Era l’11 marzo”.
“Non sono mai stato gravemente malato, però. La prima notte all’ospedale di Avezzano mi hanno dato l’ossigeno che ho deciso di togliere quasi subito. Non mi serviva, respiravo bene. Inoltre, la macchina che lo fornisce fa un rumore incredibile e quindi neanche riuscivo a dormire. Analoga situazione all’Aquila, sempre la prima notte. Anche in quel caso ho scelto di toglierlo. La nausea, però, è stata fortissima. Sono stato dieci giorni senza mangiare. Il cibo che portano all’ospedale è sempre sigillato, ma quando aprivo l’involucro sentivo tutti gli odori peggiori e mi veniva da rigettare, poi piano piano sono spariti e ho iniziato a riprendermi. Anche l’acqua non mi piaceva, aveva un sapore diverso”.
E’ vero, ora sta bene, è in via di guarigione definitiva e prossimo al ritorno a casa. Non è mai stato realmente grave e non ha mai temuto il peggio, ma la paura c’è stata, esattamente come i momenti di sofferenza per il distacco dalla famiglia o per ciò che accadeva là fuori. “Ero in camera con un signore che aveva contratto il virus da un suo amico. Quest’ultimo, poi, è morto. Appena lo abbiamo saputo abbiamo pianto entrambi. E’ stato un momento difficile, di grande sconforto, soprattutto da un punto di vista emotivo”.
Spende parole di rispetto verso i medici. Ne ha potuto constatare lo sforzo, l’impegno, la dedizione, ma anche la paura per la consapevolezza che il rischio è dietro l’angolo, in agguato, pronto a colpire al minimo errore. “Nella mia stanza entravano sempre incappucciati, prendevano le massime misure di sicurezza. Prima di uscire si sfilavano di dosso il vestiario e buttavano tutto. La loro paura era papabile, normale che lo fosse. Il paziente positivo può contaminare. Nei loro occhio la paura l’ho vista davvero, così come un grande cuore e una grande bontà, ogni giorno ci rincuoravano e ci spronavano. Sono stati eccezionali”.
Tra le condizioni che l’uomo si è posto per superare la crisi c’è stata quella di non guardare la televisione. Non i telegiornali almeno. Solo film e cinema, in particolar modo canale 24: “In questa maniera si riesce a stare più rilassati, per esprimere un concetto che sia chiaro – perché in realtà non lo si può essere tanto facilmente – e quindi, col mio compagno di camera, ci siamo fatti un grande cultura cinematografica. Questo posso ammetterlo. Almeno è stata una cosa positiva, no ?” (ride). Il morale adesso è buono, la consapevolezza di essersi lasciati il peggio alle spalle aiuta, certamente, ma per un attimo il discorso torna a essere serio.
“Dovrebbero fare i tamponi a tutti, soprattutto agli asintomatici. Ma andrebbero fatti a tappeto. Dicono che mancano i soldi, ma è fondamentale per capire chi è contagiato e chi no. Gli asintomatici mettono a rischio la salute collettiva, la prevenzione non è mai troppa e non esistono, in tal senso, soldi spesi male. Adesso sono in attesa del risultato del tampone che mia moglie e mio figlio hanno fatto. Sono sicuro che andrà tutto bene, loro stanno bene e non hanno mai avuto sintomi”.
“I dottori dicono che sarò immune da tutto. La prima cosa che farò sarà riabbracciare la mia famiglia. Quando tornerò a casa non uscirò più, non prima che diranno che il virus è stato debellato del tutto (ride). Mi sono annoiato tanto, ma come posso lamentarmi quando c’è chi è stato malissimo o chi purtroppo non ce l’ha fatta? Cosa dico a chi è a casa o a rischio oppure ha già contratto il Coronavirus? Di non avere paura, si può sconfiggere, ma occorre avere coraggio, forza e determinazione. Ce la faremo a superare anche questo momento”. Ti aspettiamo, a braccia aperte, a te e a tutti coloro che stanno vivendo giornate difficili. La normalità è lontana per adesso, ma dopo la notte, dopo l’oscurità, c’è sempre un nuovo sole. E sorgerà, anche questa volta.