Avezzano. Questa volta l’allarme lo ha lanciato il professor Luigi Boitani del Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo dell’Università “La Sapienza”. Ed è un triste allarme. Gli orsi marsicani forse non sono più di 40, con una bassa presenza di femmine in età riproduttiva (si parla di una decina). Il problema della loro sopravvivenza è ormai drammatico, e ciò nonostante i milioni (si dice più di 12, e di Euro) spesi in ricerche che definire inutile è forse eccessivo, ma definire utili è altamente esagerato se lo scopo era quello di stabilire dei provvedimenti da prendersi per far sì che la popolazione aumentasse di numero. L’Aiw (wilderness) e il suo segretario generale Franco Zunino, riportano così la questione all’attenzione dell’opinione pubblica. In realtà, secondo l’associazione, di provvedimenti non ne sono mai stati presi, se non proclami sulla stampa, e quei pochi presi si sono rivelati dei semplici palliativi, fumo negli occhi di chi dava fiducia alle autorità, per far credere che qualcosa si stava facendo. Lo stesso Patom, lanciato in pompa magna qualche anno fa, come reazione ad una situazione già allora definita disastrosa, come ha sostenuto il Prof. Boitani, “a prodotto poco o nulla”; un organizzazione che unì tutte le autorità pubbliche, dai Parchi alle Province alle Regioni al Ministero dell’Ambiente. Tante parole, incontri, promesse, piani, ma poco costrutto. Ed allora cosa propongono ancora le autorità e gli studiosi? Finalmente azioni pratiche e concrete? No! Un altro progetto: “Life Arctos” con soldi dell’Unione Europea! E quindi avanti con altri studi e ricerche ed inutili conteggi. E avanti con le solite, trite, teoriche proposte vecchie di quarant’anni: ampliare il Parco e chiudere la caccia! Ma il Parco non ha mai impedito l’uccisione degli orsi, quindi non è ampliando il Parco ed impedendo la caccia al suo esterno che si evita il bracconaggio, ma eliminando le cause che spingono alcuni a farsi giustizia con le proprie mani. Il bracconaggio è tale proprio perché viola le leggi, e non sono quindi le leggi che lo fermano. Proposte di interventi che sono solo e sempre teoria, senza mai andare alla radice del problema. Che di orsi ne siano morti tanti negli ultimi quarant’anni è notorio. Ma il problema vero è stabilire il perchè di queste morti: bracconaggio verso cervi e cinghiali (e di cervi e cinghiali nel Parco e sue aree esterne è pieno zeppo e nessuno dice di ridurne il numero); rivalsa di pastori ed allevatori (e nessuno dice mai che bisogna indennizzare bene queste categorie per evitare il loro stato di disagio verso l’orso); turismo escursionistico che disturba l’orso in tutte le stagioni (e nessuno dice mai che bisogna avere il coraggio di riservare grandi aree naturali all’orso); carenza di risorse alimentari “artificiali” da agricoltura (e nessuno dice mai che bisogna incrementare quest’attività). Boitani affronta questi problemi solo alla lontana, quasi con fastidio, per accentrarsi verso il vero obiettivo “politico”: la solita chiusura della caccia ed il solito ampliamento del Parco (lo chiedeva già Franco Tassi quarant’anni fa, e senza aver speso 12 milioni di euro in ricerche!). Erano necessari tutti questi studi e questo sperpero di danaro pubblico per avanzare due proposte che non servono a risolvere il problema, perché le affermazioni del Professor Boitani sono sì veritiere (la morte di troppi orsi), ma affrontano il problema prendendolo alla metà e non già alla radice. Gli orsi sono stati sì spesso uccisi da cacciatori e bracconieri (di cinghiali) o da pastori (e più spesso nel Parco che non fuori), ma vengono uccisi per i motivi suddetti. Quindi la radice del problema è il fatto che gli orsi si sono dispersi in mezzo Abruzzo (problema che riduce la possibilità di incontri tra i due sessi), non il fatto che poi qualcuno ogni tanto viene ucciso (a dire il vero meno di quanto si vuole far credere). Se si cercasse di mantenere gli orsi nei Parchi, ecco che non vi sarebbe necessità di ampliarli (tanto più che di Parchi è pieno l’Abruzzo). Ma su questo Boitani non dice nulla. Ed allora eccola la soluzione che propone: continuare a fare ricerche. Non è mistificando o nascondendo i problemi che si salverà l’orso, ma è affrontandoli alla radice, di petto, e con autorità. Ed allora ecco le semplici cose da fare, già dette e ridette tante volte: controllare il turismo in modo severe nelle aree critiche (chiudendole a tutti, e non riservandole ai soli “amici dell’orso”); indennizzare seriamente (100%, compresi le perdite indirette) tutti i danni, senza distingui, che pastori ed allevatori subiscono da orsi e lupi; favorire la pastorizia ovina ed il suo ritorno là dove è scemata, a costo di farlo in modo “artificioso” con greggi di pubblica proprietà; coltivare massicciamente le terre incolte di fondovalle (a costo di doverlo fare come pubblica autorità); bloccare tutti i progetti, di ogni natura, che stanno “frammentando” il territorio di vita dell’orso nel Parco Nazionale e nei sui circondari (anziché favorirli con la scusa di produrre energia “ecologica”, quando il problema, almeno in Abruzzo, è salvare l’orso, non produrre energia da rinnovabili!).