Avezzano. Sono undici le persone coinvolte nella maxi operazione anticamorra che ha portato a scovare nel Fucino una coltivazione della cannabis destinata alle piazze di spaccio della provincia di Napoli. Nelle indagini della direzione distrettuale antimafia dell’Aquila sono finite dodici persone, nove campane, tra cui due boss della Camorra, e tre marsicane. Ora undici persone sono state rinviate a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare, Marco Billi, su richiesta del pubblico ministero, Stefano Gallo.
L’udienza è stata fissata al 19 maggio davanti al tribunale di Avezzano in composizione collegiale. L’operazione risale a settembre del 2016 quando i carabinieri scoprirono e sequestrato oltre sei quintali di marijuana in un campo in mezzo al Fucino, nella zona di Strada 40, oltre ad altri quantitativi di canapa indiana in via di essiccazione in una serra, per un totale di oltre sei tonnellate. La coltivazione di cannabis veniva nascosta da lunghe file di granoturco che impedivano la vista da ogni lato.
Secondo l’accusa ci sarebbe stato un primo tentativo di insediamento nel 2015 a Luco dei Marsi, ma la piantagione non era andata a buon fine per problemi di coltivazione ed era stata data alle fiamme. Anche dopo il sequestro e gli arresti del 2016 la presunta associazione a delinquere ci aveva riprovato con una nuova coltivazione, poi fallita, nelle campagne tra Scurcola Marsicana e Capistrello, nel 2017. Gli accusati ritenevano infatti di poter continuare a operare nella Marsica anziché in Campania, presupponendo in una scarsa azione di controllo da parte delle forze dell’ordine locali.
Vennero emesse tre misure cautelari nei confronti di Gianfranco Scipioni (48), di Avezzano, Gennaro Casillo (26) e Veronica Casillo (23), figli della compagna di Scipioni, di origini campane. Indagati difesi dagli avvocati Alessandro Marcangeli e Roberto Verdecchia Solo nel 2018, a seguito delle indagini, vennero iscritte nel registro degli indagati per coltivazione di cannabis altre 9 napoletani: Romeo Pane, Antonio Criscuolo, Pasquale Di Nola, Anna Scotto Di Gregorio, Diodato Di Martino, Carmine di Lorenzo, Ciro Gargiulo e Ramadani Meriton. Uno degli indagati nel frattempo è deceduto. Le posizioni di Antonino Di Lorenzo “o’ lignammone” e del suo sodale Ciro Gargiulo “o’ biondo”, sono state ritenute rilevanti dagli inquirenti perché accusati di appartenere a clan camorristici radicati nella provincia di Napoli dediti in via quasi esclusiva al traffico anche internazionale di stupefacenti, esperti nell’attività di coltivazione di piantagioni di marijuana, individuati come finanziatori e coordinatori nell’area campana di numerose coltivazioni di stupefacenti.