Avezzano. E’ ancora giallo sulle cause delle lesioni che hanno portato alla morte. Si è tenuta in Corte d’assise all’Aquila il processo per omicidio preterintenzionale per la morte di Domenico Massimiani, che tutti conoscevano come Pesciolino, 34enne di Avezzano. Sotto accusa Maaloun Jawad, 34 anni, marocchino con precedenti di polizia, arrestato nel maggio 2016 per lesioni gravissime, accusa trasformatasi successivamente in omicidio in seguito alla morte dell’aggredito.
Massimiani era stato trovato con la testa fracassata, forse a sprangate, denudato e abbandonato in un campo, dove era rimasto per più di 12 ore, sotto al sole. L’udienza è stata giornata al mese di ottobre.
Era stato ferito precedentemente alla testa, in una lite avvenuta per motivi mai chiariti, da Jawad. Poi era stato trovato in fin di vita, dopo la fuga dal pronto soccorso. Sarebbe rimasto in un prato, vicino all’ospedale, sotto al sole, per più di 12 ore. I medici, a quel punto, lo avevano sottoposto a un delicatissimo intervento chirurgico.
Le sue condizioni sono peggiorate ed era arrivato il decesso. Resta però il giallo su quanto accaduto e molti punti oscuri dovranno essere chiariti nel corso del processo che si sta tenendo all’Aquila e che è stato rinviato alla fine di settembre.
La vittima aveva avuto con lui una colluttazione in piazza Matteotti, davanti alla stazione di Avezzano, riportando delle ferite alla testa. Era stato ricoverato, ma aveva deciso di uscire dall’ospedale. Quello che è accaduto a poche centinaia di metri dalla struttura sanitaria non è ancora del tutto chiaro. Certo è che le condizioni in cui è stato ritrovato successivamente erano sicuramente peggiorate.
Si segue anche la pista della caduta, ma l’ipotesi non sembra convincere gli inquirenti. Jawad, durante l’udienza preliminare, aveva ammesso le sue responsabilità, parlando di uno schiaffo che aveva causato la caduta di Massimiano. Il gip aveva infatti accolto la tesi difensiva del difensore Sandro Gallese ritenendo che le lesioni riportate da Massimiani non potessero essere state procurate dall’aggressione in piazza Matteotti. Ora però il processo in Corte d’assise dovrà chiarire cause e responsabilità.