Avezzano. E’ stato ascoltato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avezzano, il marocchino reo confesso accusato dell’omicidio del coetaneo e connazionale Abdelhadi Lem Saadi, il cui cadavere ucciso a sassate è stato gettato in un pozzo del Fucino. Il giovane marocchino, Hammadi El Ghiabi, 27 anni, ha affermato davanti al gip, Andrea Taviano, e al pubblico ministero, Maurizio Maria Cerrato: «non volevo uccidere, mi sono solo difeso e ho perso il controllo». All’indagato sono stati contestati l’omicidio volontario e l’occultamento di cadavere, con l’aggravante dei futili motivi, è stato convalidato il fermo in carcere. La lite che ha portato al delitto sarebbe scaturita da un debito non pagato. La vittima doveva avere cento euro, il saldo del pagamento dell’auto venduta al suo assassino. Al giudice il giovane marocchino, difeso dagli avvocati Franco Colucci e Carlo Polce, ha raccontato di essere stato colpito con un calcio, finendo a terra, di essersi rialzato prendendo in mano una pietra e colpendo ripetutamente, forse tre volte, il connazionale alla testa. Ha poi descritto minuziosamente le ore successive al delitto, di come avrebbe caricato il connazionale in auto, vagando per tre ore, forse più, nelle vie del Fucino, prima di abbandonare il corpo nel pozzo per irrigazione nella zona della frazione di Paterno, nella speranza che il corpo non venisse più ritrovato. Ha affermato di non essersi reso subito conto di aver ucciso e di aver pensato, in un primo momento, di trasportare il marocchino esamine all’ospedale di Avezzano, ma poi di averci ripensato temendo le conseguenze e scoprendo, subito dopo di aver provocato ferite letali al connazionale. Due giorni dopo, durante le pressanti indagini dei carabinieri, la confessione. Il giovane si è costituito indicando il luogo dove era stato occultato il cadavere. Probabilmente senza le sue indacazioni il corpo sarebbe stato ritrovato a primavera, in avanzato stato di decomposione.