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Nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli La tempesta sul Lago: con il Maestro Jacopo Sipari

Redazione Abruzzo di Redazione Abruzzo
21 Novembre 2025
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Avezzano. Grande evento per il Concerto istituzionale, nell’ambito del Giubileo 2025 che volge al termine, promosso dalla Fondazione dedicata al grande compositore e dall’Opera del Kosovo. Sul podio dei Filarmonici  e del Coro Kosovano domenica 23 in Roma, nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli ci sarà il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, con solisti Besa Llugiqi, Ivana Hoxha, Carlos Cardoso e Biagio Pizzuti, per l’esecuzione dell’ intenso Oratorio La tempesta sul Lago.

 

Dopo il grande successo ottenuto in prima esecuzione internazionale a Pristina in Kosovo, La Tempesta sul lago, oratorio per solisti, coro misto e orchestra del Cardinale Domenico Bartolucci, farà da sigillo musicale del Giubileo della Speranza 2025 domenica 23 novembre, alle ore 18,30, in Roma, nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli.

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Una imponente produzione, questa, nata dalla sinergia dell’ Opera del Kosovo della Presidente del C.d.A. Rreze Kryeziu Breznica, di Dardan Selimaj, direttore della Kosovo Philarmonic, di Franco Biciocchi presidente della Fondazione Domenico Bartolucci, in sinergia con Daniela Traldi Presidente Confederazione Lirica e Sinfonica, eventi che saluteranno la presenza di Sua Eminenza Reverendissima Cardinale Dominique Mamberti, Presidente Onorario della Fondazione Cardinale D. Bartolucci e di Sua Eccellenza Silvio Gonzato Ambasciatore dell’Unione Europea presso l’Albania, che ha visto il direttore generale, la violinista Abigeila Voshtina, affidare la direzione musicale dei solisti, il soprano Besa Llugiqi, il mezzosoprano Ivana Hoxha, il tenore Carlos Cardoso e il basso-bariton Biagio Pizzuti, dei Filarmonici e del coro dell’Opera del Kosovo al Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli. “Fin dalla nascita della Fondazione Cardinale Domenico Bartolucci, l’ente che mi pregio di presiedere – ha continuato il Presidente della Fondazione Franco Biciocchi – ha conservato, promosso e divulgato l’opera del Maestro, sacerdote e compositore fiorentino, per cinquant’anni direttore della Cappella Musicale Pontificia “Sistina”, creato cardinale da Papa Benedetto XVI in ragione del suo servizio alla Chiesa e ai Pontefici. Dal 2003 sono state numerose le collaborazioni con vari enti musicali, lirici e sinfonici finalizzate all’esecuzione delle sue opere. L’occasione odierna che ci vede riuniti per ascoltare “La Tempesta sul Lago” eseguita dal Coro e dall’Orchestra Filarmonica del Kosovo e dal Coro dell’Opera del Kosovo è sicuramente una fra le più importanti, che vede coinvolte le massime istituzioni lirico–sinfoniche del Paese, unitamente a solisti di fama internazionale. Questo grande oratorio, grazie al lavoro del Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli e a tutti gli artisti ci permette di ascoltare uno dei capolavori del maestro, eseguito in un contesto internazionale in cui si vedono riunite eminenti personalità della cultura e della diplomazia. La Fondazione plaude a questa iniziativa ed auspica che possa essere l’inizio di un fecondo percorso di collaborazione, evidenziando come la musica sacra abbia anche la capacità di creare ponti di dialogo e amicizia fra paesi e culture”.

 

 

 

 

Il direttore generale dell’evento nonché violinista Abigeila Voshtina, eccellenza d’Albania, ha continuato: “Per molti anni, soprattutto durante il periodo comunista, le persone nella nostra regione hanno avuto difficoltà a esprimere le proprie convinzioni e a entrare in contatto con Dio. Il regime oppressivo ha soffocato la libertà spirituale e ha cercato di cancellare le tradizioni profondamente radicate che ci uniscono. Nonostante queste sfide, lo spirito indomito della nostra comunità ha perseverato, alimentando una fede silenziosa che è sbocciata nei cuori di molti. Ora, dopo un anno di preparazione insieme a Dardan, Rreze e Jacopo, siamo alle porte di un nuovo, meraviglioso capitolo. Questo evento simboleggia non solo una celebrazione della musica, ma anche un recupero del nostro patrimonio spirituale e un’espressione di unità. La musica trascende ogni confine e funge da linguaggio universale che unisce persone di tutte le religioni e culture. Durante questo evento memorabile, suoneremo un magnifico Oratorio nella splendida Basilica di Santa Maria in Ara Coeli, dove le armonie risuoneranno come onde di preghiera, raggiungendo Dio e riportando la luce nella vita di coloro che da tempo cercano connessione e significato. Insieme onoreremo il nostro passato abbracciando un futuro pieno di speranza, uniti attraverso il potere della musica.” Sul podio di questi due grandiosi concerti ci sarà il M° Jacopo Sipari, che già da tempo divulga l’opera del Cardinale Bartolucci in giro per il mondo. “Sono molto contento – ha rivelato il direttore – di essere ritornato qui in Kosovo alla testa di queste splendide masse orchestrali e corali, quest’ultimo preparato meravigliosamente dal M° Hajrullah Syla, ovvero dell’opera e della filarmonica insieme, per questa produzione bellissima, ovvero questo oratorio, che pretende una profonda lettura e comprensione, essendo molto ricco di citazioni, anche operistiche, tanto da poterlo definire un’opera sacra. Le voci sono trattate con grande attenzione e raffinatezza e il tenore evoca la scrittura dell’ultimo Verdi, un’opera che certamente resterà nel cuore di quanti avranno la possibilità di ascoltarla, poiché ti avvicinano concretamente al divino, lasciando trasparire la fede del compositore. Libretto e momento in cui è stato composto influiscono sulle scelte delle tonalità, davvero particolari, e la seconda parte resta un capolavoro, tra l’altro giovanile, poiché composto da un Bartolucci appena diciottenne. Onore ed onere di andare così a concludere questo Giubileo con quest’opera di rarissimo ascolto, portando avanti l’idea di eseguire l’integrale delle opere del Cardinale, impreziosita dalle voci di quattro solisti di caratura internazionale”.

 

 

“Con “La Tempesta sul lago” composto nel 1935, cioè nel periodo della permanenza di Domenico Bartolucci nel seminario fiorentino di Cestello, il diciottenne autore mugellano tenta per la prima volta l’ardua scalata alla forma più alta della musica sacra: l’Oratorio. È un tentativo – scrive Silvano Sardi –  che subito riesce e pone immediatamente il giovane musicista di Borgo San Lorenzo sotto i riflettori della notorietà, sia pure circoscritta all’ambiente musicale fiorentino. L’oratorio fu rivisto dall’autore trent’anni dopo che nel maggio del 1968 lo fece eseguire, sotto la sua direzione, con l’orchestra della Sagra Lucchese e il Coro della Cappella Sistina. Viene ora presentato nella stessa stesura del 1968 che si presume dovrebbe essere quella definitiva. Credo invece si possa dire senz’ombra di dubbio, che degli oratori da lui composti questo suo primo sia l’unico che affronta in toto, con straordinaria, drammatica efficacia, il difficile e attualissimo tema della fede. Volendo, La Tempesta sul lago, per i significati espliciti e reconditi della vicenda evangelica e per la perfetta aderenza del canto musicale ai detti significati e alla pregnanza del testo, lo si potrebbe addirittura adottare come iconografia musicale da assumere nel passaggio obbligato da percorrere per il raggiungimento e il consolidamento di questo obiettivo.

 

 

 

 

Il testo, nella sostanza, ricalca la narrazione evangelica (Marco 4,35-41) nella trama della quale, a mo’ di collage, vengono inseriti personaggi, situazioni e detti appartenenti ad altri momenti narrativi del Vangelo, frammenti di libera invenzione o estratti da altri libri biblici e dalla liturgia. Diviso in due parti, tanti sono infatti gli stati d’animo che la vicenda promuove ed agita, l’Oratorio entra subito in medias res con un’ampia introduzione orchestrale con la quale viene delineato il coordinamento musicale da cui scaturiranno il soave clima che immediatamente si instaura per l’intervento del coro e la temperie della seconda parte che si conclude con la “catarsi” del pentimento. Qui tutto è musicalmente appropriato e condotto con una coerenza non comune. Notevoli sul piano inventivo, tutte le parti corali. Rimarchevoli, sia la narrazione dello Storico che ha ampio spazio espressivo, sia le arie dei solisti, tutte toccanti. Memorabili le reiterate affermazioni di fede dello Scriba: “Magister, sequar te quocumque ieris. Scimus quia verax es, et legem Dei in veritate doces” e della Pia donna: “Te sæculorum principem, te Christe regem gentium, te mentium, te cordium unum fatemur manibus…”.

 

 

Come è sempre riscontrabile ogni volta che Bartolucci fa uso della parola cantata, sia che esprima concetti o riflessioni sia che essa muova all’azione, la connessione tra musica e testo è talmente intima da rendere visive le immagini descritte, concreti i fatti narrati.

 

 

 

Tutti i personaggi sono scolpiti da una mano maestra, evidentemente segnata da una forte esperienza di vita religiosa. In questa prima parte si sa che il problema della fede non si pone. Qui “la fede” è chiaramente acquisita e facile da conservare: cielo sereno, acque chiare, dolce navigare con Gesù che accompagna i discepoli, insomma tutti felici. Ma quando le cose cangiano colore e il cielo della speranza si rabbuia, la Fede è più difficile da mantenere, anzi si fa labile; e la narrazione evangelica, nella seconda parte dell’Oratorio, questo concetto lo specifica con grande chiarezza.

 

 

 

In sostanza ci dice che tutta la fede dei discepoli prima conclamata a gran voce, in effetti era riposta assai più sui concreti e reali “cielo sereno e calma dell’onda”, che sulla viva e rassicurante presenza del Signore. Difatti non appena il vento si alza, le acque s’impennano e la barca rischia il naufragio, ecco che i discepoli temono e tremano, dubitano e si terrorizzano: la loro fede insomma si scolora. Non si dilegua del tutto, ma muta di valore. Dice lo Storico: “Et ecce motus magnus factus est in mari: fulgura, tonitrua, ventus et pluvia, tempestas vehemens! Jesus autem dormiebat. Et excitantes eum exterriti discipuli venerunt dicentes: (coro) Domine, salva nos: perimus!”.

 

 

 

Perché i discepoli gridano e chiedono aiuto, e a chi? È evidente che hanno paura; e chiedono aiuto a Gesù, uomo dai mille prodigi, come si chiederebbe a un mago, a uno stregone, comunque ad un uomo certamente più bravo di loro e più capace. Ma non a Gesù, Padre, Figlio e Spirito Santo, cioè a Dio che è lì presente, vicino al quale nessuno si può perdere né ha da temere. E Gesù li rimprovera: “Quid timidi estis, modificæ fidei?”.

 

 

 

Questi due momenti così densi di significato e di simbologia che la narrazione evangelica evoca, nelle due parti componenti l’Oratorio vengono fissati da Bartolucci in modo davvero mirabile. Sia nella prima che nella seconda parte, le soluzioni orchestrali escogitate per sottolineare la perfetta simbiosi “soli e coro” sono prodotte dall’equilibrio timbrico e dal dosaggio delle sonorità. Se nella prima parte ci colpiscono l’aria dello scriba (una delle memorabili arie di pura marca bartolucciana: “Magister, sequar te quocumque ieris”), il graduale crescendo che dall’aria della Pia donna (“Te sæculorum principem”) porta all’intervento corale (“O Redemptor, ecce tecum comitantes venimus”), ma soprattutto l’alta qualità tematica, nella parte seconda che si apre con una serena pagina strumentale che prende spunto da alcune cellule tematiche dell’introduzione alla prima parte, risultano di grande efficacia sia i contrasti orchestrali, sia le forti tinte che scaturiscono dalla tempesta improvvisamente montante sulla voce dello Storico. Per cui questo momento del trapasso dalla calma del mare al non felice viaggio, prima di sconvolgerci per via letteraria con la narrazione dello Storico, ci viene preparato e annunciato per via musicale da una sapida, moderna partitura orchestrale. In essa emergono sia la tessitura ritmica, sia l’originale invenzione melodica (di grande significato drammatico, ad esempio, le numerose scale che trafiggono la partitura: sestine, quartine con terzine incorporate, coinvolgenti, in un sapiente gioco tutta la compagine orchestrale). Ed è la forza di questa musica che conduce il gioco della “tensione”: prima la prepara, poi la conduce con impressionante crescendo di sonorità e di apporto strumentale, fino al grido angoscioso dei discepoli: “Domine salva nos, perimus!”. Ed è il comando imperioso di Gesù che ordina alle onde di calmarsi (“Et imperavit mari: Tace! Obmutesce!”) che quella tensione allenta e ricompone. A questo punto i “solisti” intonano un nuovo inno alla fede riconquistata (“Tui sunt cæli et tua est terra”) che il coro riprende e conclude. Intanto si è fatta una grande calma, profonda e attonita sulla quale la voce di Gesù, alta e solenne, chiede ai presenti, ma idealmente a tutti gli uomini del mondo, presenti e futuri, la riconferma della fede (“Nec dum, habetis fidem, o filii?”).

 

 

 

 

L’Oratorio si chiude su questo tema centrale con un serrato dialogo tra Gesù, i discepoli e la folla; e alla domanda che i discepoli e la folla si pongono sull’identità di Gesù, viene data una risposta solenne e conclusiva: “In te Domine speravi, non confundar in æternum”, “Vere Filius Dei est!”. Ma di questa fase finale dell’Oratorio, è di estremo interesse la sottigliezza niente affatto trascurabile (che musicalmente è perfettamente funzionale al soggetto), che riguarda il grande corale concludente l’opera, e che inizia con un punto di domanda che tutti: discepoli, singoli personaggi e gente comune si pongono, gli uni agli altri, e in cui si intravede ancora, benché il prodigio divino sia stato appena compiuto, una rimanente, larvata ombra di dubbio. Come se la Sacra Scrittura volesse ancora una volta rimarcare quanto la fede sia difficile da acquisire, e resistente dall’essere stabilmente tenuta: “Quis putas est iste, quia ventus et mare et omnia obœdiunt ei? Iam visitavit Dominus et fecit salutem Israel. Propheta magnus surrexit in nobis. Vere Filius Dei est!”.

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