L’Aquila. E’ stata confermata la condanna a tre anni di reclusione per Fabio Sante Mostacci, di 34 anni, e Mirko Caniglia, di 33, accusati della morte di Collinzio D’Orazio, il 51enne di San Benedetto dei Marsi ritrovato senza vita sulle rive del fiume Giovenco il 23 febbraio 2019. La Corte d’assise d’appello dell’Aquila, presieduta dal giudice Armanda Servino (relatore Matteis) ha emesso la sentenza di secondo grado dopo una camera di consiglio di circa due ore. I due accusati erano stati condannati per abbandono di incapace e morte come conseguenza di altro reato.
I due imputati, di San Benedetto dei Marsi, erano accompagnati dai loro avvocati Mario Flammini, Franco Colucci per Mostacci, e Antonio Milo per Caniglia. Presente il procuratore capo Mancini. Durante le indagini per entrambi era caduta l’accusa di omicidio volontario. Il processo si è celebrato davanti la Corte d’Assise dell’Aquila, iniziato l’11 novembre scorso dopo 3 anni di indagini.
I familiari di D’Orazio, in particolare la mamma, erano assistiti, per la parte civile, dall’avvocato Stefano Guanciale. La madre della vittima, Teresa Di Nicola, ha sempre combattuto per ottenere giustizia per il figlio, dichiarando che “Collinzio aveva bisogno di assistenza, ma è stato lasciato solo”.
Le difese sono già pronto a fare ricorso in terzo grado. “Aspettiamo di leggere le motivazioni”, hanno dichiarato a caldo i legali degli imputati, “e faremo ricorso in Cassazione poiché siamo convinti dell’estraneità ai fatti dei nostri assistiti”.
La storia di Collinzio ha inizio il 2 febbraio 2019, D’Orazio fu trovato in stato confusionale alla periferia di San Benedetto dei Marsi, in zona Piccola Cinta, vicino al fiume Giovenco, in un’area paludosa. L’ultima volta era stato visto in un bar del paese, dove consumava alcolici nonostante il divieto medico. I difensori di Mostacci e Caniglia sostengono che i loro assistiti avessero riaccompagnato D’Orazio nei pressi della sua abitazione, considerando le sue condizioni. Tuttavia, per i giudici, il 51enne, che soffriva di varie patologie e seguiva una terapia incompatibile con l’alcol, fu abbandonato dai due imputati ai margini del paese, condizione che portò alla sua morte. D’Orazio fu ritrovato privo di vita nel fiume Giovenco dopo giorni di ricerche, gettando nello sconforto l’intera comunità locale. I due giovani marsicani si sono sempre dichiarati innocenti riguardo alle accuse loro mosse, sostenendo di aver fatto il possibile quella sera, riaccompagnando il 51enne a casa.