Avezzano. L’operazione Kebab approda alla fase processuale dell’udienza preliminare con tutti o quasi gli inquisiti i quali sono accusati di vari reati riconducibili alla immigrazione clandestina ed al suo sfruttamento, con parte offesa il Ministero del Lavoro.
Si tratta della maxi indagine che nel 2010 vide sotto inchiesta, con applicazione di misure cautelari personali, ad iniziativa del Sostituto Barbara Del Bono della Procura di Pescara e dei carabinieri del nucleo investigativo guidati dal capitano Eugenio Nicola Stangarone, una sessantina di persone a vario titolo, tra cui imprenditori, consulenti ed anche amministratori locali, quali l’ex sindaco di Pescasseroli, oltre che cittadini pachistani, di varie zone della costa abruzzese e non solo, anche della Marsica, in particolare di Pescasseroli.
L’organizzazione aveva le sue centrali in Emilia e Lombardia, mentre su vari territori compreso l’Abruzzo esistevano diversi intermediari che procacciavano la manodopera da Pachistan, Bangladesch ed India da impiegare presso le imprese che si prestavano sul territorio nazionale. I frutti che si ritiene essere stati realizzati con le operazioni di intermediazione si aggirerebbero intorno ai dodicimila euro ad immigrato.
Stralciata la posizione solo di alcuni degli indagati, tra cui quella dell’imprenditore Angelo Roselli, di Gioia dei Marsi, definitivamente archiviata dopo un incidente probatorio, essersi sottoposto ad interrogatorio ed aver prodotto documentazione e formato atti probanti la sua totale innocenza rispetto alla vicenda in cui si era trovato coinvolto e della quale grande risonanza aveva dato nel 2012 la stampa locale. Una importante riabilitazione per l’immagine dell’imprenditore difeso dall’avvocato Gianclemente Berardini.