Avezzano. Sono quattro le discariche marsicane finite nella lista nera dell’Europa. Bruxelles ha aperto infatti una procedura d’infrazione per le discariche italiane non conformi alla direttiva Ue del 1999. La Marsica è finita nel mirino dell’Unione europea per le discariche di “Trasolero” a Capistrello, “Pretito” a Lecce, “Minicuccio” a Carsoli e “Case bruciate” a Scurcola. Si tratta di vecchie discariche oramai dismesse e fuori esercizio ma ancora pericolose per l’inquinamento delle falde e quindi per la salute della popolazione. In queste discariche sarebbero in corso da anni lavori di adeguamento ma per ora, almeno secondo la lista stilata dall’Europa, la questione non sarebbe stata risolta e non ci sarebbe la conformità prevista dall’articolo 14 della direttiva Ue del 1999. In sostanza non sarebbero state prese per queste quattro discariche e per altre 98 in tutta Italia delle misure per assicurare che i siti “esistenti” (discariche a cui è stato concesso un permesso o che erano già operative al momento della trasposizione della direttiva del 1999), non avrebbero continuato ad operare dopo il 16 luglio 2009, qualora non fossero ancora conformi con la direttiva europea. “Dal 15 luglio 1999 Bruxelles ha chiesto informazioni all’Italia dimostrando nella sua risposta – precisa Bruxelles – che il Paese non era in linea con le disposizioni relative alle discariche esistenti”. Un anno dopo, la Commissione Ue, in una nuova comunicazione a Roma, osservava che dal settembre 2009 almeno 187 discariche esistenti al momento della trasposizione nell’ordinamento della direttiva del 1999, erano presenti in Italia: discariche, o che non erano state chiuse, o che non erano ancora conformi alla direttiva europea. La situazione è stata chiarita dall’Italia il 16 maggio 2011 e, precisa la Commissione Ue, sulla base di quelle informazioni è emerso che sono presenti almeno 102 discariche dalla trasposizione della direttiva Ue o che non sono state chiuse o che non sono conformi alla direttiva Ue. L’invio di una lettera di costituzione in mora rappresenta la prima tappa della procedura di infrazione al Trattato Ue. La seconda è il “parere motivato” e, se l’Italia non si metterà comunque a norma, c’è il ricorso alla Corte di giustizia europea.