Intorno al 450 avanti Cristo gli abitanti che vivevano sulle sponde del terzo lago d’Italia si specializzarono nella guerra e poi nel mercenariato, meritandosi così il nome di Marsi, ovvero “Figli di Marte”, Dio della guerra. Le loro gesta iniziarono a diventare leggenda intorno al 350 a.C. quando Roma, divenuta ormai una potenza egemone, si trovò a dover affrontare una coalizione di popoli italici guidati dai Marsi che chiedevano il riconoscimento dei loro diritti sociali. Il campo di battaglia conobbe subito la violenza di questo popolo, che come suo solito si conquistò subito con forza e audacia, la fama di incredibile popolo guerriero. I generali romani si accorsero già dalle prime battaglie del loro elevato valore militare e, nonostante l’esercito romano fosse immensamente più numeroso e organizzato, arrivarono ad un soffio dall’essere spazzati via. Fu allora che Roma, dopo una sanguinosa guerra intestina, scese a patti con quegli indomiti guerrieri e si trovò costretta a concedere loro la cittadinanza romana, con tutti i diritti ad essa connessi. In quel modo, però, riuscirono anche a schierare tra le loro fila i più valorosi guerrieri del mondo antico.
Fu così che i Marsi divennero la spina dorsale del più grande e potente esercito che la storia ricordi. I guerrieri provenienti dal Fucino erano così valorosi che persino i pretoriani, le guardie private dell’imperatore, venivano scelte tra questi. Macrone, il comandante dei pretoriani di Caligola, proveniva da Alba Fucens e fu proprio lui a far costruire il bellissimo anfiteatro che ancora oggi possiamo ammirare. Il mito dei guerrieri Marsi crebbe così velocemente, che in pochi anni non esisteva un angolo in tutto l’impero romano, in cui non si sapesse che “Per far fronte ad un guerriero Marso servivano almeno quattro legionari romani.” Numerosi saggi storici riportano esattamente queste parole. Fu così, che a partire da quel momento, almeno una compagine di guerrieri Marsi accompagnò l’esercito romano in ogni impresa militare dentro e fuori l’Italia; Roma non poteva più fare a meno di quei temibili alleati e gli impavidi guerrieri le consentirono di dominare il mondo. Diversi furono i casi documentati in cui i Marsi furono determinanti in battaglia, come per esempio contro i terribili Galli, i Parti, i Traci e i Daci, che come scrisse Flacco “ancora nascondono nel cuore il terrore dei Marsi.” Oltre ad affiancare i romani nelle più importanti battaglie contro i Cartaginesi, i Celti, i Macedoni, i Siriani di re Antioco e gli Illiri, si racconta che durante la guerra contro i Numidi i guerrieri Marsi da soli riuscirono a fermare la temibile cavalleria di re Siface; questi, dopo essere stato fatto prigioniero da Scipione l’Africano, fu confinato ad Alba Fucens, dove venne anche seppellito dopo la sua morte. Meglio ancora fece Publio Cornelio Scipione Emiliano. Se riuscì a radere al suolo Cartagine, fu solo grazie a quei fieri guerrieri e non appena tornato in Italia, come segno di riconoscimento, volle a tutti i costi visitare Marruvium, l’antica capitale dei Marsi, oggi San Benedetto. La riempì con le migliori opere d’arte sottratte alla potente città africana e da allora anch’egli pretese puntualmente nel suo esercito, la presenza dei guerrieri Marsi, che tutti ormai annoveravano come “reparti speciali”. Fra il 49 ed il 48 a.C., Caio Giulio Cesare crea cinque nuove legioni formate interamente da cittadini italici; una di queste è costituita interamente da Marsi ed è per tale motivo che, dopo la battaglia di Pharsalus, sarà denominata dallo stesso “Legio Martia”. Dopo le idi di marzo, la Legio Martia fù assegnata a Marco Antonio ma, subito dopo, giudicando lo stesso come nemico del popolo romano, la Legio Martia decise, compatta, di passare a sostenere Augusto, per il quale combatté nel 43 a.C. con “ammirevole e straordinario valore” sotto il comando del Console Gaio Vibio Pansa.
Le testimonianze storiche sui più valorosi alleati di Roma sono numerosissime. Marco Tullio Cicerone, una delle figure più rilevanti di tutta l’antichità romana, scrisse che “Per immortalare la gloria di quegli uomini così valorosi, di quei fortissimi, il Senato e il Popolo romano, costruirono un monumento imperituro con incise lettere divine, come eterni testimoni del loro valore”. Tito Livio, uno dei più autorevoli storici di Roma, scrisse “Solo la lealtà dei Marsi a Roma consentì ad essa di sopravvivere”. Ma il detto più noto è sicuramente quello di Appiano di Alessandria: «Nec sine Marsis nec contra Marsos trivmphari posse» in tutto il mondo antico ogni cittadino romano o schiavo dell’Impero era consapevole che «Né senza i Marsi, né contro i Marsi, Roma poté mai vincere una guerra». @francescoproia