Tagliacozzo. Un «omicidio d’impeto», per la precisione, generato da un impulso irresistibile che ha generato un’azione tanto violenta quanto non premeditata, forse frutto di stati emotivi e passionali «borderline». E’ questa la linea della Procura sul caso della tragica morte di Mariangela Mancini, la 33enne rinvenuta cadavere nelle campagne di Spedino nella riserva naturale della Duchessa. Dopo il ritrovamento del corpo, la madre ed i fratelli della giovane avevano subito escluso l’ipotesi del suicidio. Mariangela, laureata in psicologia, dedita al volontariato, viene dipinta come una donna felice. In questo periodo era impegnata nella ristrutturazione delle casa di Corvaro dove da poco era andata a vivere con il fidanzato Luca. La mattina della scomparsa la 33enne aveva bevuto un caffè con il fidanzato e con un amico prima di dirigersi a Spedino, a casa della madre, per andare a prendere dei detersivi. Quella mattina la madre non era in casa per cui nessuno può dire se la giovane sia o meno arrivata nell’abitazione. E’ da quel momento che non si conosce cosa sia accaduto alla giovane fino al ritrovamento del suo cadavere 24 ore dopo dalla scomparsa. L’unica certezza di questa triste vicenda è il fatto che Mariangela sia stata assassinata. A darne conferma è Giuseppe Saieva, procuratore capo di Rieti. “Malgrado la secca smentita di questo ufficio in ordine alla ipotesi di suicidio di Mariangela Mancini, varie fonti di stampa continuano a prospettare la possibilità che la giovane donna possa aver posto fine alla propria esistenza con mezzi chimici e meccanici assolutamente incompatibili, sulla base delle risultanze autoptiche, con la tesi del suicidio per ingestione di sostanza caustica o autostrangolamento”. “Le profonde compressioni rilevate in tutto il girocollo, le ecchimosi petecchiali e la cianosi al viso” spiega il magistrato “appaiono idonee a stabilire con certezza che la giovane donna sia morta per asfissia da strangolamento”. In merito all’ingestione di acido muriatico, rinvenuto a 8 metri dal corpo, Saieva ribadisce che non è possibile definirla volontaria, in base alle tracce rilevate: “Le ustioni da sostanza caustica rilevate all’interno della bocca, per la loro localizzazione, non consentono di attribuire rilevanza alcuna alla tesi dell’ingestione volontaria di liquido corrosivo”. La procura indaga dunque per omicidio. Gli inquirenti sono alla ricerca di impronte e tracce di Dna, si lavora anche sui tabulati telefonici del cellulare di Mariangela, che però la giovane aveva lasciato a casa la mattina della scomparsa. Il corpo senza vita è stato rinvenuto a poche centinaia di metri dalla casa paterna e nei pressi di una comunità di recupero per tossicodipendenti.