Avezzano. Per loro l’accusa era di presunte violazioni ambientali per mancata depurazione delle acque. Sono invece stati assolti per prescrizione dei reati. Si tratta di Luca Erminio Ciarlini, 62 anni, di Roma, all’epoca dei fatti contestati direttore generale nonché consigliere di gestione delegato del Cam, Giuseppe Venturini, 52 anni, di Tagliacozzo, ex amministratore delegato col compito di coordinare la manutenzione degli impianti di depurazione, e Antonio Di Cesare, 60enne di Civita d’Antino, che era nella fattispecie responsabile dell’Ufficio tecnico del Cam.
Le accuse, contenute in un fascicolo portato in Procura dagli agenti della Forestale, sono state portate avanti dalla procura di Avezzano e fanno riferimento a dei controlli che portarono a delle presunte violazioni che avrebbero causato inquinamento.
L’indagine riguarda quindi reati in materia di tutela dell’ambiente. Nello specifico, gli episodi contestati risalgono al 2014. All’allora massimo dirigente dell’ente marsicano Cam, che si occupa della gestione delle risorse idriche, la procura contestava la mancata depurazione. In qualità di rappresentante legale del Consorzio acquedottistico marsicano, titolare e gestore dell’impianto di depurazione del comune di Lecce dei Marsi, avrebbe disposto degli scarichi non autorizzati di acque reflue urbane sul suolo con il superamento dei limiti previsti dalla legge, in particolare fosforo e tensioattivi totali. Dopo le indagini era stato disposto il rinvio a giudizio e avviato il processo che si è concluso nei giorni scorsi.
Il tribunale di Avezzano, con il giudice Giampiero Lattanzio, ha assolto tutti per prescrizione. Nel corso del processo, però, secondo la difesa, le accuse erano un scemate con il passare del tempo perché i rilievi non avevano confermato che i depuratori fossero fermi. Si tratta infatti di depuratori a “gravità” e quindi potenzialmente sono sempre attivi. Si trattava di una presunta responsabilità oggettiva non collegata ad una specifica azione. Le responsabilità erano dovuto principalmente alla posizione ricoperta dalle persone coinvolte, in base al decreto 152 del 2006 in tema di tutela ambientale. Ciarlini era difatti chiamato a rispondere, con Venturini e Antonio, perché in concorso morale o materiale con avrebbe violato le disposizioni del decreto all’impianto di Collarmele il 28 ottobre 2013. Le fattispecie di reato previste dal codice dell’ambiente prevedono sanzioni di contravvenzione, per cui il termine della prescrizione è di cinque anni. Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Aldo Lucarelli, Antonio Milo e Franco Colucci.