Via libera dell’Unione Europea all’etichetta Made in Italy su salami, mortadella e prosciutti per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana. Il decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate ha superato il periodo di “quarantena” di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione e quindi si avvia a diventare operativo. Una boccata d’ossigeno, si spera, per i tantissimi allevamenti messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale.
“Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta – dice Coldiretti – In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy promuovendo ogni inizitiva che focalizzi l’attenzione sull’importanza di questo comparto della zootecnia”.
Coldiretti ricorda che il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative alla triade: “Paese di nascita”, “Paese di allevamento”, “Paese di macellazione”.
La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.
Abbiamo chiesto un commento al “nostro” esperto di carni, Andrea Di Cintio, della nota azienda Euro-Cash: “La notizia era attesa da tempo e si spera che possa far recuperare alle produzioni italiane il terreno che hanno perso. Io non voglio demonizzare le carni provenienti da fuori: ci sono alcuni casi, come in determinate specie di suini, dove gli allevamenti olandesi di qualità, ad esempio, garantiscono un tipo di carne, nel rapporto grasso-magro, che è ottimale per certi tipi di lavorazione. Il problema è quando arrivano carni poco controllate, da paesi che hanno regolamentazioni scarse o nulle. E comunque, a mio avviso, la cosa importante di questo decreto è che si ribadisce il diritto del consumatore a sapere in maniera certa la provenienza di ciò che mangia“.
“Quanto a noi“, prosegue Di Cintio, “per scelta lavoriamo solo carni di suini italiani, provenienti da allevamenti certificati. Anzi, recentemente abbiamo avviato una collaborazione con un’azienda di allevamento di Scurcola Marsicana (Il Porcello), gestita da giovani locali che hanno rilevato e riqualificato un’attività di famiglia, con un approccio etico e moderno (solo mangimi vegetali, razioni programmate con sistemi automatici, etc…). In questo caso potremmo fare una richiesta per mettere in etichetta 100% made in Marsica!”