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L’Italia in lutto, addio a Giorgio Napolitano: il presidente emerito aveva 98 anni

Tamara Marinetti di Tamara Marinetti
22 Settembre 2023
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Roma. “Gli aquilani non devono avere paura di essere dimenticati perché per fortuna la coscienza civica del nostro Paese e degli italiani non è al di sotto del dovere del ricordo e della vicinanza”: queste sono le parole, che oggi suonano profetiche, che Giorgio Napolitano dedicò all’Abruzzo e all’Aquila nella sua visita, del 9 aprile 2009, alle zone colpite dal terremoto dell’Aquila, soltanto tre giorni dopo il sisma che distrusse la città. Alle 19.45 di oggi, il Presidente Emerito della Repubblica, senatore Giorgio Napolitano, si è spento presso la clinica Salvator Mundi al Gianicolo in Roma. Ci lascia l’uomo delle riforme a tutti i costi, napoletano di gran classe, elegante e “pignolo”, come egli stesso si è definito.

“È con grande commozione che la città dell’Aquila ha accolto la notizia della scomparsa del Presidente emerito della Repubblica, senatore Giorgio Napolitano. Alla signora Clio, ai figli e ai nipoti, va l’abbraccio della nostra comunità che, anche nel momento di maggior sconforto e dolore, ha potuto contare sulla sua vicinanza”, così il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi. “Il 2009 è stato drammatico per la nostra terra e, da sindaco del Comune di Villa Sant’Angelo”, prosegue Biondi, “ho vissuto in prima persona la convinta e commossa partecipazione del Presidente Napolitano, protesa a condividere lo sgomento della popolazione e a confortarla con saggezza e grande sensibilità. L’auspicio della ricostruzione si sta realizzando, con forte impegno e tanto cuore. Grazie Presidente!”, conclude il sindaco dell’Aquila.

La notizia della morte dell’ex Capo dello Stato sta facendo il giro del mondo, molti i messaggi di condoglianze. La politica italiana si stringe unanime al dolore della famiglia, da ogni schieramento arrivano parole d’affetto e cordoglio.

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Attento ad ogni dettaglio, lavoratore instancabile, profondo conoscitore della vita parlamentare e delle dinamiche politiche dell’intera storia repubblicana. Sempre accompagnato con discrezione dalla moglie Clio, Giorgio Napolitano ha iniziato il suo primo settennato al Quirinale, nel 2006, gioendo per la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio di Berlino e ha concluso i quasi due anni del secondo mandato con qualche rimpianto per non essere riuscito a vedere del tutto compiuti quei cambiamenti istituzionali per i quali tanto si è speso.

Ma soprattutto “re Giorgio” ha dovuto affrontare quello che in molti considerano il periodo più buio degli ultimi 50 anni, navigando a vista tra gli scogli di una durissima crisi economica. E lo ha fatto con una convinzione incrollabile: che l’Italia avesse bisogno di stabilità politica. In nome di questo principio ha cercato sempre di evitare scioglimenti anticipati della legislatura. Certamente il momento peggiore – che ha coniugato amarezza personale e preoccupazione istituzionale – è stato il suo coinvolgimento indiretto nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia con l’eccezionale deposizione alla Corte di Palermo salita in trasferta al Quirinale.

Quella di Napolitano non è stata infatti una presidenza leggera, né facile. Ma ha mantenuto sempre l’impegno preso il 15 maggio del 2006 quando da neo-presidente promise solennemente davanti alle Camere che non sarebbe mai stato il capo dello Stato della maggioranza che lo aveva eletto, ma che avrebbe sempre guardato all’interesse generale del Paese. E così è stato, visto che dopo essere salito sul Colle più alto della politica italiana con i soli voti del centrosinistra, ha chiuso il primo settennato con l’aperto sostengo del centrodestra.

Un sostegno che si è via via raffreddato durante lo storico bis nel 2013 al Quirinale che ha visto Silvio Berlusconi condannato e spesso i suoi all’attacco politico del presidente. L’elezione del 2006 non era per niente scontata. La sua provenienza dal Pci lo faceva guardare con sospetto dal centrodestra berlusconiano. Ma il fatto di essere il primo dirigente comunista a diventare presidente della Repubblica non ha impedito al Cavaliere di riservargli, dopo poco, pubbliche lodi. Fino alla richiesta di far restare lui al Quirinale per superare quella turbolenta fase politica. Un Parlamento annichilito, dopo aver bruciato nel segreto dell’urna calibri come Franco Marini e Romano Prodi gli consegnò di nuovo lo scettro del Colle, inondandolo di applausi mentre Napolitano teneva nell’aula di Montecitorio un discorso durissimo nei confronti di un’intera classe politica.

Le sue capacità di tenuta psicologica e mediazione gli sono state unanimemente riconosciute negli anni. Persino la Lega ha dovuto inizialmente riconoscergli l’impegno sul fronte del federalismo, nonostante più volte il capo dello Stato abbia redarguito il Carroccio sul tema dell’Unita nazionale. Lasciata con dispiacere l’amatissima casa nel rione Monti, ha dedicato grande attenzione alle relazioni internazionali. Indubitabile è stata infatti la stima che ha goduto all’estero: Washington, ad esempio, lo ha sempre considerato uno fra gli interlocutori più autorevoli e affidabili.

Europeista convinto, Napolitano ha sempre sostenuto l’indispensabilità dell’Unione europea convincendosi via via che, così come in Italia, solo decise riforme dell’euroburocrazia potevano frenare il distacco dei cittadini e raffreddare il populismo crescente. Affabile e cortese, dai toni sempre misurati, si è trovato a dover affrontare un muro contro muro solo con Grillo e il suo movimento, visto dal capo dello Stato, almeno nelle sue componenti più estreme, come il germe dell’antipolitica. Uno degli elementi caratterizzanti della sua presidenza è stato il tentativo di parlare all’Italia intera, di sedare lo scontro fra le correnti (a partire da quelle del Pd), di promuovere il dialogo fra le forze politiche nell’interesse del Paese. Compito non facile durante gli anni turbolenti dei suoi mandati. I primi due dei quali li passa monitorando le fibrillazioni che tengono il governo Prodi costantemente sul filo del rasoio. Fino alla caduta e al ritorno del Cavaliere a palazzo Chigi.

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