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Liberalizzazioni aperture, Confesercenti si sta distruggendo il tessuto commerciale

Redazione Attualità di Redazione Attualità
16 Novembre 2013
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Avezzano. Ricordate la Campagna “Libera la Domenica” con la raccolta firme, lanciata proprio un anno fa da Confesercenti Nazionale e sostenuta anche dalla Chiesa Cattolica? Ebbene, questa settimana, sarà discussa in Parlamento la proposta di legge di iniziativa popolare sostenuta dalle oltre 150 mila persone, che hanno aderito alla campagna Liberaladomenica, contro l’apertura dei negozi nei giorni festivi. Molte firme sono state raccolte anche nella nostra Provincia dell’Aquila, affermano Domenico Venditti e Carlo Rossi, Presidente e Direttore della Confesercenti Provinciale. Dall’approvazione del Decreto Salva Italia del Governo Monti è iniziata la nostra battaglia. Non abbiamo chiesto e non chiediamo alcun blocco totale delle aperture domenicali, sarebbe illogico. Chiediamo, proseguono Venditti e Rossi, invece una nuova regolamentazione, che dia l’opportunità di restare aperti quando il mercato lo richiede, ma che tuteli il diritto della media e piccola distribuzione commerciale a fare impresa, a mantenere l’occupazione, a svilupparsi. Diritto che diventa impossibile con una deregolamentazione selvaggia delle aperture festive, che fa bene solo ed esclusivamente alla grande distribuzione e che è un caso unico in Europa. In Germania, Austria, Olanda, Belgio e nei Paesi scandinavi, tra le locomotive dell’economia europea, non c’è liberalizzazione e questo non intacca di un soffio i consumi. Regolamentare le aperture festive, introdurre una legge europea e moderna che sia un giusto incontro fra le esigenze della distribuzione di città, dei consumatori e degli iper esistenti, senza l’obbligo di fatto di aprire ogni domenica come oggi, vuol dire difendere l’identità italiana, che nulla ha a che fare con la tradizione americana dei negozi sempre aperti. Tra l’altro, a quasi due anni dalla totale liberalizzazione degli orari, possiamo affermare che tutto ciò non ha fatto crescere i consumi, il Pil né l’occupazione, ma ha favorito esclusivamente il trasferimento di quote di mercato dal commercio urbano alla grande distribuzione organizzata, spesso espressione di società multinazionali. La Liberalizzazione degli orari, unitamente alla liberalizzazione edilizia che ha favorito la diffusione dei Negozicentri commerciali in Italia, con l’Abruzzo che, nonostante la moratoria imposta dalla Regione negli ultimi anni, vanta il triste primato di essere una delle regioni a più alta concentrazione di grande distribuzione, non ha fatto altro che mettere in ginocchio i negozi italiani, un tessuto commerciale di grande valore per il nostro Paese. Si è favorita l’espansione della grande distribuzione, dicendo che si creava nuova occupazione in realtà si è distrutto un tessuto commerciale a favore delle grandi strutture, spesso periferiche. Strutture basate su un’offerta che prevede il punto principale delle vendite nei giorni festivi e pre-festivi, quindi la liberalizzazione degli orari non è stata fatta per i consumatori ma per sostenere le grandi strutture commerciali a scapito delle piccole.  Dati alla mano, secondo Confesercenti, queste scelte hanno comportato una perdita di quote di mercato dell’80% nell’alimentare e del 60% nell’extra alimentare a scapito delle piccole realtà italiane. Il tutto in una fase di crisi economica e dei consumi. In pratica, insistono i rappresentanti di Confesercenti Provincia dell’Aquila, si sono trasferite quote di mercato ai grandi tagliando fuori i piccoli. Un fenomeno, questo, che ha comportato anche un degrado dei centri urbani. Confesercenti in più occasioni ha segnalato il degrado delle città italiane a causa di queste politiche, anche nei centri della nostra Provincia, Avezzano in primis, le vie principali presentano molti negozi sfitti. Purtroppo, concludono Venditti e Rossi, nell’immaginario collettivo dei grandi centri commerciali si dice che le aperture festive favoriscono i consumatori, ma è una cosa fuori dal mondo perchè la liberalizzazione dell’attività commerciale in Italia è distruttiva per quanto riguarda le città, ed e’ stata fatto ad unico vantaggio dei big.

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