“Esprimiamo vicinanza alla lotta sindacale, estrema preoccupazione per la perdita di posti di lavoro, per i tagli ai salari e per la mancanza di una seria politica industriale in un settore chiave”. Così Sinistra Italiana-AVS, alla luce della conferenza stampa indetta il 6 novembre ad Avezzano da Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil, insieme alla Rsu di stabilimento della LFoundry di Avezzano, per informare la cittadinanza sulla situazione del più importante stabilimento manifatturiero, di Semiconduttori, della provincia, il secondo della Regione e fra le realtà più rilevanti a livello nazionale.
“Hanno riferito i sindacati che il 29 ottobre a Roma, presso la sede del Ministero del Made in Italy, si è svolta una riunione con la dirigenza dello stabilimento, in cui l’azienda ha comunicato che è tuttora in corso il processo di transizione, partito nel 2019, consistente nella vendita di tutte le quote societarie alla cinese Sparc – premettono Rosalia Tangredi, referente SI Area Marsica, Fabrizio Giustizieri, SI L’Aquila e Daniele Licheri, Segretario Regionale SI -. Da quello che è stato riferito in questi mesi, il processo avviato aveva l’obiettivo di andare verso la produzione di prodotti propri, ancora ben lontano dall’essere raggiunto, nonostante i numerosi strumenti già messi in campo dall’azienda (tra cui Fondo Nuove Competenze e Contratto di espansione) che hanno visto l’utilizzo di risorse pubbliche”.
Estrema preoccupazione per i tagli occupazionali. “Ciò che maggiormente ci preoccupa nell’imminente è che da gennaio 2025 tutti i lavoratori in somministrazione (oltre 100 persone) verranno lasciati a casa, e circa 80 lavoratori LFoundry passeranno da indiretti a diretti, andando incontro a potenziali demansionamenti. L’azienda ha inoltre dichiarato che, in concomitanza con il cambio turno avviato il 1 ottobre, intende mettere in discussione le attuali maggiorazioni turno, che rischierebbe di tradursi in un taglio salariale a danno delle lavoratrici e dei lavoratori. Come se non bastasse, un’ulteriore comunicazione ha riguardato l’Help desk e la Security che saranno oggetto, rispettivamente, di esternalizzazione e internalizzazione; da capire cosa succederà alle lavoratrici e ai lavoratori interessati”.
Il tutto in assenza di una seria politica di rilancio e sviluppo del sito di Avezzano e delle sue produzioni. “Fare impresa non significa esclusivamente fare business ma anche assumersi una responsabilità sociale verso una comunità, per questo esprimiamo solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori i cui posti di lavoro sono a rischio e rivolgiamo un forte appello ai vertici dello stabilimento affinché tornino sui propri passi. Sono in pericolo 100 posti di lavoro, dall’inizio del prossimo anno, con il licenziamento dei cosiddetti lavoratori somministrati, si auspica che vengano ritirati i provvedimenti annunciati, che penalizzano pesantemente l’occupazione e il reddito dei lavoratori. E ci uniamo alla richiesta che ogni eventuale finanziamento pubblico, anche quello sulla formazione, debba essere vincolato alla salvaguardia occupazionale, salariale e produttiva, perché riteniamo che non si possano concedere fondi pubblici a chi dichiara di voler mandare a casa oltre 100 persone e tagliare i salari”.
Una situazione ancora più allarmante, considerato che potrebbe essere solo l’inizio. “Con il pretesto della transizione ecologica, le multinazionali, nonostante ingenti finanziamenti pubblici, stanno annunciando una raffica di licenziamenti, in particolare nel settore dell’automotive con conseguenze che vanno a ricadere su tutto l’indotto. La rozza propaganda che cerca di contrapporre la salvaguardia dell’ambiente agli interessi dei lavoratori è facilmente smentita sia dalla totale assenza di piani industriali che avrebbero reso indolore il passaggio occupazionale sia da produzioni altamente inquinanti a produzioni più sostenibili (sempre che lo siano effettivamente); anziché mettere in campo i necessari investimenti che una svolta epocale richiede, come sempre l’unica esigenza che è stata presa in considerazione è la salvaguardia dei profitti, attraverso tagli pesanti ai costi più odiati dai padroni, quelli legati al lavoro. Ci chiediamo come sia possibile che in un periodo in cui la carenza globale di semiconduttori si fa sempre più acuta, minacciando la ripresa economica mondiale dopo il periodo buio della pandemia, c’è un’azienda italiana che produce chip ma che non riesce a sfruttare appieno le proprie capacità produttive. Perché la LFoundry non è interessata ai fondi italiani ed europei disponibili per la ripartenza delle attività produttive? Giustamente i sindacati, che più volte negli ultimi mesi hanno espresso le loro preoccupazioni per la situazione aziendale, hanno sostenuto che quello della microelettronica è un settore strategico, per il quale è disponibile una quantità ingente di finanziamenti pubblici ma la proprietà non è intenzionata a farne uso, per quale motivo? Una situazione paradossale, quella dell’azienda marsicana, che non può e non deve sfuggire alla politica industriale nazionale ed europea, e che diventa assurda vista la carenza di chip, la cui importanza strategica nel settore dei semiconduttori è nodale per l’Italia e per l’Europa. Viste le risorse previste dal PNRR, per la microelettronica molto ingenti, circa 750 milioni di euro, la possibilità dello stabilimento di usufruire di una piccola parte di questa cifra avrebbe potuto cambiare le sorti dell’azienda marsicana, ma la dirigenza non ha ritenuto di voler utilizzare dette risorse: perché?”. L’appello. “È condivisibile e auspicabile l’apertura di un percorso che coinvolga la Regione Abruzzo e il Ministero delle imprese e del made in Italy per individuare e percorrere delle vie alternative ai licenziamenti; quando un sito produttivo inizia a licenziare si perdono professionalità, ricchezza e opportunità, e questa prospettiva per noi oggi è inaccettabile. A questo punto, una soluzione in ambito nazionale o europeo resta la più auspicabile. LFoundry opera in un settore, quello dei sensori d’immagine per automotive, in forte espansione, mentre la capacità di fonderia potrebbe essere utile per mitigare l’attuale carenza di semiconduttori. Sicuramente la presenza pubblica nell’azionariato della più grande azienda italiana di semiconduttori potrebbe scongiurare oggi i licenziamenti annunciati e per il futuro una paralisi sociale del territorio marsicano”.