Avezzano. Legge incompatibilità sindaci-dirigenti pubblici non retroattiva: il Parlamento riporta nei canali democratici, ovvero il rispetto dei principi elementari di un ordinamento civile, il D.l. 39/2013 emanato dal governo Monti il 4 maggio 2013. Carica elettiva e lavorativa compatibili, quindi, per Giovanni Di Pangrazio, eletto sindaco di Avezzano nel giugno del 2012, quando era dirigente della Provincia di L’Aquila e nessuna legge impediva il doppio ruolo. Certezza del diritto messa in forse l’anno successivo dal decreto Monti, così il primo cittadino di Avezzano, seppur certo di essere legittimamente sindaco e dirigente pubblico, in attesa di un chiarimento del Governo, diede una lezione di stile: chiese l’aspettativa non retribuita alla Provincia. “L’atto del Parlamento・ commenta Di Pangrazio, stabilisce la corretta applicazione delle legge e sgombra definitivamente il campo da qualche frettolosa e discutibile interpretazione”. Il Parlamento ha fissato i paletti applicativi della legge Monti con buona pace di chi sperava di limitare l’esercizio della sovranità popolare: le disposizioni in materia di incompatibilità (Capi V e VI del dl 8 aprile 2013, n. 39) non hanno effetto per gli incarichi conferiti e i contratti stipulati prima della data di entrata in vigore della legge. Di Pangrazio, quindi, torna al lavoro alla Provincia, dove aveva già rinunciato ad alcuni incarichi interni ed esterni all’Ente, con relativi compensi, (come ad esempio alla direzione della trasparenza, che nel 2011 aveva visto la Provincia di L’Aquila tra le prime in Italia), così come ai 43 mila euro di indennità da primo cittadino, destinati al sociale. Il sindaco, per・ lancia un monito e chiama le istituzioni pubbliche a fare gioco di squadra per salvare il Paese: per uscire dalle secche della crisi e ridare fiducia ai cittadini”, afferma il primo cittadino, occorre un cambio di rotta, un impegno corale e solidale delle Istituzioni a tutti i livelli. Il pasticcio del dl.39, un’assurdità certifica il caos legislativo di un Paese dove i manager pubblici, profondi conoscitori della macchina amministrativa e non solo che possono dare un contributo a risolvere i tanti problemi, sono messi all’angolo, mentre i Comuni, i diretti interlocutori del disagio popolare, vengono usati come bancomat e prosciugati. Il governo, se non vuole far morire il Paese, allenti i vincoli del patto di stabilità almeno per i Comuni virtuosi, per utilizzare le risorse disponibili alla messa in sicurezza di edifici pubblici e scuole. Senza un cambio di rotta che ridia dignità e possibilità di azione i sindaci, che subiscono il tiro al piccione quotidiano, sono destinati alla scomparsa, creando un buco difficilmente colmabile”.