Balsorano. Yara Gambirasio e Cristina Capoccitti unite dallo stesso destino legato al Dna. La bambina di Balsorano, uccisa brutalmente a 7 anni nel 1999, e la tredicenne di Brembate trovata morta dopo tre mesi di ricerche a Chignolo d’Isola sono legate da un sottile filo conduttore. Giuseppe Novelli, rettore dal 2013 dell’Università Tor Vergata di Roma dove insegna genetica medica presso la facoltà di Medicina e Chirurgia, fu il primo a portare il Dna in un’aula di tribunale al processo bis per l’uccisione di Cristina ed è stato anche il coordinatore delle analisi delle migliaia di Dna prelevati con un campionamento ad ampio raggio e che, dopo tre anni di indagini, ha consentito di individuare il presunto assassino di Yara, Massimo Giuseppe Bossetti. Nel caso di Balsorano, il muratore Michele Perruzza, accusato di omicidio, giurò per molto tempo la sua innocenza, e diversi anni dopo venne in parte scagionato proprio dai test del Dna, ma nel frattempo però morì. Novelli riuscì a capire che gli slip sporchi di sangue appartenenti a Cristina non erano stati indossati da Michele, ma dal figlio Mauro proprio grazie all’analisi del Dna. I giudici del processo satellite scrivono a chiare lettere che Michele «non può avere ucciso Cristina». Sarebbe dovuto seguire un processo di revisione. Ma diventa in quei giorni procuratore generale dell’ Aquila Bruno Tarquini, giudice della corte d’ assise d’ appello che condannò Perruzza all’ ergastolo. Tarquini si astiene, ma il suo vice si oppone alla richiesta. È l’ ultima beffa per un innocente che adesso riposa nel cimitero di Ridotti, a pochi metri da sua nipote. Anche nel caso di Yara la professionalità di Novelli è stata determinante perchè insieme al suo staff a rilevato sugli indumenti intimi e sui leggings della piccola Yara degli elementi fondamentali per ricostruire il Dna del presunto assassinio.