Avezzano. Salviamo il tribunale di Avezzano senza fuorvianti giudizi burocratici. Questo l’appello che l’avvocato Renato Simone ha rivolto al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, inviandogli una lettera contro la paventata chiusura del palazzo della giustizia cittadino. “Confido che Ella e insieme col Governo non vorrà dare troppo credito alla fuorviante contabilità dei burocrati ministeriali, e che invece voglia adoperarsi perché venga subito ritirato l’insensato proposito di soppressione del Tribunale di Avezzano”, scrive Simone a Napolitano, “se si arrivasse a questo (come ultimo episodio di tutta una serie di spoliazioni) un intero territorio sarebbe ulteriormente sconvolto e penalizzato, dietro il falso pretesto di “razionalizzare” (potenza deformante degli eufemismi!) l’ordinamento giudiziario colla asserita riduzione dei costi economici. Nulla di più erroneo ed ingannevole: chi ragiona in questi termini non considera le diseconomie esterne, e non calcola i costi occulti che si addossano alla collettività. Vi e qui una evidente “ignoratio elenchi”: e chi è ignorante è cattivo, come diceva Socrate. Si crede forse che così facendo si possa davvero risparmiare? Seguendo un’ottica miope tutto sarebbe facilissimo: basta scardinare lo Stato sociale, ridurre ancor più i servizi collettivi, costringere i cittadini (di ogni età essi siano) a viaggiare – per qualsiasi esigenza – come pacchi postali, spostandosi magari per un centinaio di chilometri con i mezzi privati (vista la risaputa insufficienza dei trasporti pubblici). Ma come valutare i disagi e i sacrifici economici e psico-fisici di questi spostamenti. per intere famiglie? Quale il maggior inquinamento (ambientale e non solo) di siffatti andirivieni? Quali i maggiori pericoli? Certo chi sta a tavolino non può conoscere e perché non vuole che le effettive esigenze di un vasto e complesso territorio montano dove vi sono molti paesi che stanno a più di 1.000 metri di quota con distanze lunghe e difficili da coprire. Con questa mentalità, si tende ad “accorpare” e “sfrondare” a più non posso: via le stazioni dei Carabinieri e i posti di Polizia, le scuole, le ferrovie e i trasporti, gli uffici Postali, gli oratori, la sanità, i centri sociali, le biblioteche, ed insomma ogni servizio diffuso: a che pro mantenere in vita le piccole strutture se solo quelle più grandi assicurano le economie di scala e di specializzazione? Che sono queste ciance di “piccolo e bello”? Ciò che è tale è arretrato e lento: deve sparire di fronte al progresso e ad un certo futurismo. Serve un ritorno allo stile delle Preture, avendo il coraggio di tornare indietro e lasciando in vita i tribunali”.