Avezzano. Yaya ha 24 anni e sogna di diventare mediatore culturale per aiutare le persone come lui che fuggono dalla guerra e dalla fame e approdano in Italia. Yaya è scappato dall’Africa centrale e su un barcone è arrivato a Lampedusa. In occasione della giornata di preghiera e di digiuno per la pace dedicata alle popolazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan il vescovo dei Marsi, monsignor Pietro Santoro, ha fatto raccontare a Yaya cosa vuol dire oggi essere immigrato.
Nel santuario della Madonna dell’Oriente di Tagliacozzo, guidato da padre Basilio Retegan, si sono riuniti diversi sacerdoti, molti fedeli tra cui il sindaco di Tagliacozzo, Vincenzo Giovagnorio, e alcuni migranti, per pregare, ognuno a suo modo come chiesto da papa Francesco. Al termine della celebrazione eucaristica, durante la quale il vescovo Santoro ha esortato i fedeli ad accogliere chi è in difficoltà seguendo gli insegnamenti del Vangelo, c’è stata la testimonianza di Yaya, uno dei migranti accolti dalla diocesi dei Marsi. “Sono partito con un barcone dalla Libia e dopo due giorni la marina militare ci ha salvato in mare aperto”, ha raccontato con la voce rotta dall’emozione il 24enne, “ci hanno portato a Lampedusa e poi da lì sono arrivato a Sante Marie. Mi ha accolto padre Michelangelo, che io ormai chiamo padre mio. Io sono musulmano ma un musulmano tra i cristiani è un cristiano come loro. Non conta il colore della pelle, ho gli stessi occhi e lo stesso sangue vostro. Devo molto a tutti voi, in Italia ho trovato una famiglia allargata e poi mi piace tanto la vostra cucina, la lasagna in particolare. I migranti purtroppo la tv e i social li fanno apparire male, ma siamo come voi, siamo tutti una famiglia. Ora sto facendo percorso per diventare mediatore culturale e accogliere chi come me scappa dalla propria terra e arriva qui. Io ho insegnato che bisogna amare il tuo prossimo come te stesso. Viva la pace”.