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La Majella misteriosa, affascinante e selvaggia: le nostre montagne raccontano (FOTO)

Redazione Abruzzo di Redazione Abruzzo
3 Luglio 2021
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LE NOSTRE MONTAGNE RACCONTANO: DI ANGELO IANNI          

Il massiccio della Majella si trova nel basso Abruzzo al confine delle province di Chieti, L’Aquila e Pescara. Il vasto gruppo montuoso ha un perimetro di oltre 100 km sotto forma di una dorsale stretta e allungata (lunga circa 36 km), allargato in blocco a est verso il chietino (larghezza di circa 23 km).

Sarà il profumo inebriante dei germogli di pino mugo o la particolarità delle incisioni di pastori e briganti che hanno voluto lasciare sulle nude rocce bianche o la leggenda di Maja che dopo aver perso il figlio sul Gran Sasso, avrebbe dato la forma alla montagna o la spiritualità degli eremi nascosti che ricordano la figura di Pietro da Morrone (il futuro papa Celestino V) a rendere la Majella una montagna straordinaria.

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I versanti est e sud sono solcati da valloni e gole profonde. Ad ovest presenta versanti molto compatti che scendono ripidissimi verso la Conca Peligna.

L’intero gruppo montuoso è caratterizzato da una serie di pianori sommitali e dolcemente tondeggianti per effetto dell’azione millenaria dei ghiacciai, molto estesi durante le ere glaciali, tra cui il Vallone di Femmina Morta ad oltre 2.500 m di quota.

C’è chi ritiene che il nome Majella derivi dalla contrazione delle parole latine maior mons (montagna più grande) da cui Magella e quindi Maiella o Majella. In realtà

esso non è il monte più alto d’Abruzzo visto che ben 119 metri è la differenza tra i 2912 m del Gran Sasso e i 2793 m del Monte Amaro, la vetta più alta di tutto il gruppo montuoso.

Secondo la leggenda, la Pleiade Maja, la primogenita di 7 sorelle, la più bella ma anche la più timida, fuggì dalla Frigia per portare in salvo il suo unico figlio Ermes, il gigante, caduto in battaglia. Dopo un lungo viaggio si rifugiò tra i boschi dei monti d’Abruzzo per cercare l’erba miracolosa in grado di salvare il suo amatissimo figlio. La montagna, ricca di erbe medicamentose, era purtroppo coperta dalla neve così ogni suo tentativo di ricerca fu inutile. Ermes morì e la madre sconvolta dal dolore lo seppellì sul Gran Sasso. Oggi chiunque osservi da levante l’imponente massiccio può riconoscere nel profilo della catena montuosa il “Gigante che dorme”. Maja inconsolabile vagò a lungo per i boschi, poi logorata dal pianto e dal dolore esalò l’ultimo respiro sul monte che l’aveva accolta e che oggi porta il suo nome: La Majella. La montagna prese così la forma di una donna impietrita dal dolore riversa su se stessa con lo sguardo fisso al mare.

All’interno del Parco Nazionale dalla Majella si trovano vaste aree di natura selvaggia con una biodiversità di importanza europea e mondiale. Dal 1991 la Majella è uno dei tre parchi nazionali d’Abruzzo. Maestosa e aspra presenta scenari decisamente unici sotto l ́aspetto escursionistico, geologico, floristico e faunistico. Diversi sono gli itinerari che partono dai caratteristici borghi sparsi nel territorio (Caramanico, Campo di Giove, Pescocostanzo, Pacentro, Roccamorice) e portano gli escursionisti fino alla vetta più alta del Monte Amaro.

La vetta maggiore della Majella è raggiungibile solo dopo aver percorso lunghi ed estenuanti itinerari che presentano notevoli dislivelli. Noi abbiamo scelto quello più aspro e suggestivo che partendo dal Blockhaus ci porta in vetta, a 2793 m di quota del Monte Amaro.

 

Dal parcheggio antistante il Rifugio Pomilio proseguiamo per la strada dismessa al traffico fino a raggiungere la base del colle del Blockhaus (Blockhaus è una parola tedesca che significa casa di roccia, usata originariamente per indicare una costruzione militare). Questo piccolo fortino fu costruito nel 1863 dall’esercito per combattere i briganti.

I briganti erano pastori, contadini che si opponevano all’unificazione. Nelle vicinanze si possono ancora osservare i resti dell’avamposto militare. Sulla sinistra troviamo un’edicola della Madonna delle Nevi, proseguiamo per arrivare a strapiombo sull ́imponente Vallone dell ́Orfento.

Giungiamo sull ́ampia sella di Scrimacavallo che divide il Vallone dell’Orfento sulla destra e quello delle Tre Grotte sulla sinistra. Qui nonostante le numerose piste che scendono lungo i valloni, noi seguiamo l ́evidente sentiero segnato di cresta. In breve raggiungiamo il fontanino sulla Sella Acquaviva (2100 metri circa) dove lasciando le due piste sulla sinistra, saliamo per quella di destra lungo la cresta del Monte Focalone.

Superati i primi tornanti tra il pino mugo (caratteristica pianta dal portamento arbustivo con una funzione molto importante che è quella di consolidare i ghiaioni), tagliamo di netto il pendio su di un ghiaione fino alla base di una parete rocciosa. La salita sale ancora fino ad una sella con un ampio costone di roccia nei pressi
del Bivacco Fusco sulla sinistra, struttura a nove posti sempre aperta. Da qui seguendo sulla destra il sentiero “P”, iniziamo la lunga traversata con in vista lo spettacolare Anfiteatro delle Murelle (anfiteatro di origine glaciale) da dove si possono ammirare il Monte Focalone (2676 m) e gli splendidi panorami sulla Valle dell’Orfento a destra e sulla Valle delle Mandrelle a sinistra. Dalla vetta di Cima Pomilio scendiamo costeggiando prima la Valle dell’Orfento e poi allontanandoci lungo il sentiero che aggira il Monte Rotondo, fino a raggiungere in salita i lunghi e faticosi passi dei Tre Portoni.

Per la salita alla vetta ci portiamo sulla cresta di destra sotto la quale si trovano i grandi canali detritici che precipitano in direzione del Passo San Leonardo.

Lungo un tratto del sentiero alcuni camosci, posti sopra le rocce, ci osservano curiosi per tutta la durata dell’ascesa. Da qui lungo un largo crinale raggiungiamo la cima del Monte Amaro dove sono situati il caratteristico Bivacco Pelino a forma di mezza sfera rossa, la croce, il punto trigonometrico di vetta (grossa colonna triangolare) e il punto d’atterraggio di elicotteri.

 

L’importanza strategica del bivacco risiede proprio nell’essere situato provvidenzialmente in vetta al Monte Amaro, luogo di per sé difficile da raggiungere e potenzialmente soggetto a cambi repentini di tempo. All’interno ci sono 10 brande sulle quali si può comodamente stare allungati con il solo sacco a pelo. In caso di necessità il bivacco Pelino è un utile punto di riferimento per progettare la traversata del Monte Amaro da Passo San Leonardo a Fara San Martino.

Il panorama che si presenta tutt’intorno a noi è straordinario, da qui si possono ammirare gran parte delle maggiori vette dell’Abruzzo: dal Gran Sasso al Monte Sirente, dal Monte Velino al Monte Cafornia fino alla Serra di Celano. Dalla vetta torniamo indietro per lo stesso sentiero camminando fino a raggiungere il piazzale del Rifugio Pomilio (ore 20:00) dove si trova la nostra macchina che ci riporterà a Celano. Che giornata!

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