Avezzano. “Abbandonati dalla politica, dalle istituzioni e lasciati in balia degli eventi, senza prospettive e senza garanzie sul come e sul quando ripartire”. Barbara Marolo, ambulante esponente di una famiglia di storici venditori di porchetta marsicana, non usa mezze parole per esporre tutta la sua preoccupazione per la crisi economica che ha investito anche il suo settore. Lei e i suoi colleghi, fermi al palo da sessanta giorni, attendono sviluppi per poter ripartire. Attualmente non ce ne sono e alla frustrazione per l’attività bloccata, si aggiungono anche le preoccupazioni per la vicissitudini familiari.
“Ho tre figli e mio marito fa il mio stesso lavoro. Siamo, quindi, fermi entrambi. Abbiamo rate da pagare, bollette, spese di normale quotidianità che, nonostante i sacrifici che facciamo, sono vive, esistono e non possiamo ignorarle. Non abbiamo assicurazioni su nulla, totalmente abbandonati a noi stessi. Sento tanti discorsi, spesso inutili, spesso superflui e privi di interesse o, peggio ancora, contenuti validi”, dichiara Barbara.
“Lavoro su quattro mercati, a Pescina, San Benedetto, Carsoli, Tagliacozzo. In ognuno di questi non ho certezze, non riparto, non so cosa sta accadendo e dalle amministrazioni non ho avuto neanche un feedback positivo. Insomma, qui si parla di 4 maggio, ma le sensazioni non sono positive. I nostri banchi sono gestibili, esattamente come le distanze. Oltretutto sono all’aperto e quindi, a differenza del chiuso, più facili da organizzare, avendo spazi più ampi. Perché si può fare la fila al supermercato per entrare e non si può fare da noi, al mercato, all’aperto? Dove sta la differenza?”
“La nostra è una categoria che nessuno nomina – prosegue la donna – che ha però diritti come tutti gli altri. Non esistono lavori nobili e lavori meno nobili, anche noi meritiamo tutele e invece riceviamo silenzio e incertezza. Questo è il periodo dell’anno nel quale si lavora maggiormente. E’ tutto saltato, ce ne facciamo una ragione, ma quando si riparte? E come? Qualcuno dia risposte, vere, concrete, perché così non si può andare più avanti”.