Avezzano. La Chiesa marsicana nella notte santa è rimasta sveglia. Non poteva dormire. Non la paura, non la preoccupazione, non qualche incubo, ma la gioia. La felicità della sposa che, dopo aver seguito nei giorni scorsi con ineffabile affetto la passione del suo Signore, stanotte lo ha incontrato risorto, vittorioso sulla morte, e non lo perderà mai più. Nelle chiese di tutte le città marsicane la solenne veglia pasquale con la partecipazione di tantissimi fedeli. Nella cattedrale di Avezzano ha presieduto le celebrazioni solenni il vescovo dei Marsi, Pietro Santoro. Il pastore della Chiesa marsicana, nel suo messaggio di Pasqua rilasciato sabat si è affidato alle istituzioni affinché facciano qualcosa per il lavoro. “I problemi sono tanti”, ha spiegato monsignor Pietro Santoro, “però allo stesso tempo non deve scarseggiare la speranza. Anzi, la Pasqua del Signore deve essere un’ulteriore iniezione di speranza. Il primo affidamento di speranza è alle istituzioni, a quanti hanno responsabilità. Credo che oggi la prima responsabilità all’interno di una crisi economica devastante è quella di dare risposte al problema del lavoro. Attraverso il lavoro passa la dignità dell’uomo. Cristo”, ha spiegato il vescovo, “continua a essere in agonia là dove c’è una sofferenza, là dove c’è un dolore, là dove l’uomo viene spogliato della sua dignità. E oggi la spoliazione della dignità dell’uomo passa attraverso la spoliazione del lavoro. Il primo affidamento di speranza è dunque alle istituzioni, a quanti possono e a quanti devono dare una risposta”.
Tre simboli hanno scandito le tre parti di questa liturgia notturna: la luce, l’acqua, il pane, i Sacramenti dell’iniziazione cristiana, dove opera e ci viene comunicata la vittoria pasquale di Cristo per la nostra salvezza. Su tutto domina il simbolismo fondamentale della notte illuminata. È Cristo risorto la luce che illumina la sorte dell’uomo, liberandolo dalle tenebre del peccato e della morte. Padre Gabriele della comunità francescana di Tagliacozzo ha presieduto la solenne veglia nella chiesa dedicata al povero di Assisi nel giorno del suo cinquantesimo di sacerdozio. Nella sua omelia ha sottolineato che “questa è la notte in cui Cristo spezza i vincoli della notte, ma questa e la notte in cui risorgiamo anche noi. Guardando il crocifisso”, ha aggiunto, “dobbiamo dire: quella è cosa nostra, è la natura umana. Noi siamo risorti in Cristo”. Ai fedeli ora il compito di permettere al Risorto di vivere ed amare tra il popolo di Cristo. Gianluca Rubeo