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Jacopo Sipari di Pescasseroli nell’Opera Verismo al Teatro Nazionale di Varna

Alessandra Ciciotti di Alessandra Ciciotti
16 Maggio 2025
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Pescasseroli. L’Opera di Stato di Varna, guidata da Daniela Dimova, ha affidato alla bacchetta del M° Jacopo Sipari di Pescasseroli, un gala dedicato al melodramma italiano, con l’orchestra del teatro e i solisti Joana Zelezceva, Reinaldo Droz, Linka Stoyanova e Mihaela Berova, che spazieranno tra Verdi, Mascagni, Giordano, Cilea e Puccini

 

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Gala dedicato al Verismo all’Opera di Stato di Varna, in Bulgaria, sabato 17 maggio alle ore 19, ove la sovrintendente, Daniela Dimova ha affidato ad una delle bacchette più consapevoli e innamorate di questo periodo, quella del Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, una serata che intendiamo immaginare quale preludio all’ estate delle golden voices del gotha mondiale della lirica, quando sul palcoscenico della Summer Arena, si esibiranno Anna Pirozzi, Vincenzo Costanzo, Diana Damrau, Sonya Yoncheva e Krassimira Stoyanova. Il Maestro Jacopo Sipari riprende da dove aveva lasciato l’orchestra il mese scorso, Nabucco, con la sua sinfonia alla tedesca, che enuclea, i temi dell’opera che il compositore ha ritenuto più efficaci nel tessuto del racconto: la maledizione a Ismaele, la melodia del “Va’ pensiero”, il finale del primo atto e una citazione scopertamente donizettiana. Quindi, aria di sortita del soprano Joana Zelezceva, che sarà Abigaille, con la sua aria, non cavatina, in quanto posta nel secondo atto, dopo un Allegro che sembra un Beethoven da melodramma e un recitativo degno di Lady Macbeth, prima della violenta cabaletta, ritaglia un Andante, “Anch’io dischiuso un giorno, ebbi alla gioia il core”, che la soavità della melodia e il sognante colore del flauto, impongono di per sé e intanto propongono come anticipazione del finale di morte e contrizione. Il tenore Reinaldo Droz, si confronterà, invece, con il primo Puccini de’ Le Villi e la romanza di Roberto “Torna ai felici dì” incarnante la mestizia toscana del compositore, racchiusa nel suono dello scorato del corno inglese, seguita da “Donna non vidi mai”, per tutto l’arco della quale Des Grieux, che ha appena conosciuto Manon, non fa che richiamare alla memoria le parole di lei (“Manon Lescaut mi chiamo”) e la musica del precedente duetto. Linka Stoyanova farà il suo ingresso, invece, nei panni di Lady Macbeth: l’aria è quella “parigina” del II atto “La luce langue”, viscida, strisciante, con il brivido delle parole “Ai trapassati regnar non cale”, una delle più profonde e consapevoli letture della tragedia shakespeariana che si conosca.

 Possente e compatta suonerà l’orchestra di Pietro Mascagni, che serve a tanto, ma mai massiccia, greve, pseudo-wagneriana nell’Intermezzo sinfonico in Andante sostenuto che gioca sugli archi, sulle due arpe e sull’organo interno, con quei tre piccoli disegni discendenti dell’oboe che sembrano dei gemiti repressi. Joana Zelezceva sarà, quindi la disperata Maddalena di Coigny la quale, pur di salvare Chènier, è disposta a cedere a Gérard, raccontandogli, però, prima la sua tragica storia di orfana e raminga, dopo la distruzione della casa patrizia in “La mamma morta”. La linea melodica di Umberto Giordano è sempre espansiva e fluente, perfino gonfia, ma la scrittura non è mai troppo facile, poiché l’opera tutta procede a strappi, per contrasti, su lesti cambi di battuta, anche di dramma. Portrait di Francesco Cilea, interamente dedicato ad Adriana Lecouvreur, a cominciare dall’intermezzo, sinfonico del secondo atto – un adagio senza lentezza che riprende la melodia cantabile dell’aria della Principessa e poi il tema di Maurizio – descritto da archi dolcissimi, morbidi e sin amorosi che accompagnano una Adriana pensosa e un po’ dubbiosa prima dello scontro con la Bouillon, per quindi passare, con la Zelezceva, a spiegare la semplicissima fede artistica, l’attrice è solo un’intermediaria fra il poeta che scrive e il pubblico che ascolta. Con Racine recitava, ma ora canta: ancora in recitativo dice “Io” e subito dopo la voce scivola nel morbido, rotondo arioso in La bemolle maggiore, “son l’umile ancella” che vuole Andante con calma. A chiudere l’omaggio a Cilea sarà il mezzosoprano Mihaela Berova, che darà voce alla Principessa di Bouillon, una musa nera dell’intera storia dell’opera, con “Acerba Voluttà”, un bell’ossimoro, a dimostrare l’attualità della penna del poeta a vantaggio di una musica così fine, accurata, cajkovskiana, nella scrittura generale e nell’orchestrazione.

Si continuerà con l’Intermezzo di Suor Angelica di Giacomo Puccini, pagina d’elezione del Maestro Sipari, un vero e proprio complesso speciale che aggiunge al finale sonorità arcane e luminose, una risposta beatificatrice alla disperazione di Angelica. L’orchestra si muove in punta di piedi entro un dramma fatto di sottili perfidie e di malinconia, sfoggiando una grande varietà di tenui impasti timbrici e dinamiche soffuse. Sarà il soprano Joana Zelezceva, a dar voce ad Elisabetta di Valois, nell’esecuzione dell’aria “Tu che le vanità”, dal Don Carlo di Verdi, dove dovrà dar prova di possedere, tutta la gamma di voce verso l’alto, giusta cantabilità nella gestione del fraseggio e l’espressione dell’abbandono lirico e malinconico caratteristico del personaggio, nella sua aria principe. Orchestra e solisti si congederanno con Linka Stoyanova e Reinaldo Droz in “Viene la sera” da Madama Butterfly, tra sogno di felicità incantevole e ingannevole, cinico, di elementare inconsapevolezza, tradotto in orchestra con scorrevolezza, precisione e leggerezza.

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