Avezzano. Si sarebbero inventati due aziende «fantasma» per chiedere finanziamenti da reinvestire nel mercato dei prestiti a strozzo. Per i reati di usura, estorsione, falsità ideologica, sostituzione di persona e associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe, ventuno persone sono comparse questa mattina davanti ai giudici del collegio del Tribunale di Sulmona.
L’inchiesta contava complessivamente 23 indagati di cui due deceduti e nove raggiunti da misura cautelare nel settembre 2016, dopo la vasta operazione condotta dai carabinieri di Sulmona. Tutto è partito, nel 2015, dalla denuncia di un imprenditore di Sulmona vittima di estorsione.
Dagli accertamenti dei carabinieri emerse che una famiglia che svolgeva come attività principale il prestito di soldi con tassi fino al 54% mensile, aveva fatto il salto di qualità creando un sistema economico che ruotava intorno a due aziende con capitale sociale e con dipendenti, tutti fittizi, reperiti nel mondo della tossicodipendenza locale.
Il sodalizio criminale sarebbe riuscito a ottenere prestiti da finanziarie e istituti di credito attivando la procedura della cessione del quinto dello stipendio a carico dei dipendenti, tutti conniventi, per un ammontare di circa 600mila euro.
Per non dare modo alle banche di avviare denunce e contenziosi le due aziende fittizie avrebbero onorato le prime rate dando modo alla società di prendere tempo e conseguire altro capitale, con la medesima tecnica. Il castello accusatorio viene contestato dalla difesa soprattutto per quanto riguarda l’associazione a delinquere.
Per uno dei 21 è stata disposta una perizia per accertare la capacità di intendere e volere al momento dei fatti. Prossima udienza a settembre