Avezzano. Paese senza certezza del diritto, Giovanni Di Pangrazio, eletto sindaco di Avezzano con il 56,6% dei voti nel giugno 2012, costretto a rinunciare allo stipendio di dirigente pubblico della Provincia da una legge “incostituzionale e antidemocratica” (d.l. 39/2013), approvata dal Governo Monti un anno dopo il trionfo elettorale, che sbarra le porte dei Municipi italiani ai dirigenti pubblici che poi sono quelli più esperti nella gestione amministrativa ed ha generato un caos interpretativo sull’applicabilità. In attesa di un segnale da Roma, il sindaco ha chiesto al Presidente della Provincia il collocamento volontario e temporaneo in aspettativa non retribuita, ai sensi dell’art. 81 del Dlgs. 267/2000 ribadendo comunque la legittimità e compatibilità del suo incarico di pubblico dipendente ricoperto in seno alla Provincia.
“La mia decisione”, afferma Giovanni Di Pangrazio, “è motivata dalla situazione di grave incertezza e totale confusione che si è venuta a determinare circa l’applicabilità del decreto n.39/2013 sulle situazioni consolidatesi prima dell’entrata in vigore. Questa legge, contorta e di difficile comprensione, limita l’esercizio democratico dei cittadini e sta ponendo centinaia di comuni italiani in grave difficoltà. Spero che il governo e il parlamento rimuovano subito questo attentato alla democrazia senza aspettare la pronuncia della Corte Costituzionale”.
Comunque il decreto 39, in ossequio al principio generale del nostro ordinamento tempus regit actum, ribadito dall’Anci (Associazione nazionale Comuni italiani), da illustri giuristi e secondo una consolidata giurisprudenza, non può avere efficacia retroattiva per le situazioni ‘ante decreto’. Sulla stessa linea è il parere dell’ufficio legale della Provincia rimesso al Presidente Del Corvo che ha chiesto comunque la possibilità di collocare Di Pangrazio in una posizione dirigenziale con esclusione di poteri gestionali e di amministrazione. Nell’attesa di chiarimenti definitivi, “rispettoso del primario interesse pubblico”, il sindaco ha chiesto un breve periodo di aspettativa “per assolvere al mandato popolare e portare avanti la realizzazione del Programma di mandato che”, sottolinea, “sta cambiando volto, in meglio, alla nostra amata città”.
Qualora perduri questa assurda applicazione del decreto, che calpesta chiaramente diritti inviolabili della persona sanciti dalla Costituzione e dalla consolidata e coerente giurisprudenza di livello costituzionale, non resterà altra soluzione che far valer i propri diritti davanti alle competenti autorità giurisdizionali. La rinuncia allo stipendio della Provincia, comunque, costringe il sindaco, che aveva rinunciato agli emolumenti da Amministratore -destinandoli al Fondo di rotazione per il Microcredito per sostenere progetti di microimpresa giovanile o alleviare il disagio delle famiglie- a percepire l’indennità prevista dal Comune.