Avezzano. E’ stato risarcito dallo Stato per ingiusta detenzione dopo sei anni. E’ questo l’ennesimo colpo di scena nell’inchiesta sugli appalti al comune di Tagliacozzo che portò nel 2016 all’iscrizione nel registro degli indagati di 16 persone tra amministratori, imprenditori e professionisti e all’arresto di altri cinque, tra cui l’allora sindaco Maurizio Di Marco Testa e l’architetto Carlo Tellone. Ora è proprio il professionista tagliacozzano, l’unico ad aver scelto il rito abbreviato, assolto in secondo e terzo grado, a rompere il silenzio per la prima volta. Lo fa dopo la decisione della Corte d’Appello dell’Aquila che ha disposto il risarcimento nei suoi confronti di 1.500 euro.
“Io sono una delle tante vittime di quello che in gergo viene definito errore giudiziario”, afferma Tellone, “e quindi lo Stato ha dovuto, come prevede la legge, disporre una riparazione economica per l’ingiusta custodia cautelare domiciliare da me subita. Ha riconosciuto di aver sbagliato e mi rimborsa. Nessuna cifra”, sottolinea, “può certo lenire il danno morale subito, le molte ferite dell’animo e le cicatrici rimaste, il dolore e l’angoscia di quegli anni, la consapevolezza che il tempo trascorso nessuno te lo ridarà indietro. Alle persone per bene, un’esperienza del genere cambia la vita e a me l’ha cambiata. Materialmente si tratta di un risarcimento minimo”, aggiunge il professionista, “ma il valore morale di un giudizio dato dalla stessa magistratura non ha prezzo. Quello che riceverò lo destinerò per il bene di chi è nel bisogno perché condividere serve a sconfiggere il male e il pregiudizio, lo stesso che ha amareggiato sei anni della mia vita”.
“Nel rispetto del sistema e dei ruoli”, sottolinea, “ho continuato a credere nella giustizia e nella forza della verità, e non bisogna mai arrendersi, anche nei momenti più difficili, perché la verità trionfa sempre. Voglio condividere questa gioia con chi mi ha supportato nei momenti più difficili come la mia famiglia, i miei amici, i mie avvocati e le persone che mi sono state vicino”.
“Questa vicenda”, ha dichiarato il difensore, Antonio Milo, “è un caso che dovrebbe fare riflettere non solo tutti i cittadini ma anche magistratura e polizia giudiziaria che talvolta sono mediaticamente troppo esuberanti. Il processo penale è già una pena, che diventa sempre più aspra e afflittiva quando c’è una vasta eco mediatica. Quindi massima prudenza nell’applicazione delle misure coercitive”. Il processo con rito ordinario è ancora in corso per 8 persone e la sentenza ci sarà il 15 novembre.