Collarmele. Grande entusiasmo ed ammirazione per le porte di Collarmele realizzate dal maestro Alberto Cicerone. Giovedì 10 agosto alle 18,30 si è tenuta presso Collarmele, l’inaugurazione delle porte del paese a cura di Alberto Cicerone. Presenti alla cerimonia il sindaco Tonino Mostacci, il consigliere Silvana d’Avolio, il consigliere Sara d’Agostino, il parroco don Francesco Tudico e l’artista. Il sindaco ha esortato la cittadinanza alla cura ed al rispetto per gli ingressi ed ha ringraziato l’artista Cicerone persona speciale sia dal punto di vista sia artistico che umano. Poi ha aggiunto “ La bellezza trionfa”. L’artista ha spiegato le opere esaustivamente, supportato anche dall’intervento del parroco interessato alla grande spiritualità di Cicerone. A contatto con le sue opere si percepisce un’ arte sublime , che affascina una volta di più per l’originalità delle sue opere, dove l’estro si dipana in percorsi fatti di scienza e di sapienza. La sensibilità spirituale corre molto indietro nel tempo alla ricerca di una armonia fatta di rispetto per il creato e le sue creature; a quei popoli che, pur non conoscendo Dio, si organizzavano attorno a credenze per le quali la fusione tra il cielo e la terra era ineluttabile. Le porte, da lui realizzate, collocate una ad oriente ed una ad occidente del paese,rappresentano simbolicamente proprio questa fusione, come a voler racchiudere lo stesso all’interno di un universo arcaico che anteriore al Dio cristiano, lo anticipa e lo celebra senza conoscerlo. Su ogni scultura oltre al titolo “Tra cielo e terra” l’ iscrizione “CollisArmelis” nome dato dal Dio Marzia e Cerfennia . Le pietre, utilizzate nelle due istallazioni, sono appunto gli Omphalos, Ompalo in italiano, che i greci, quale concetto ereditato, definivano il cordone ombelicale del mondo. Sulle pietre l’artista colloca uno stormo di allodole in volo che nella mitologia incarnavano la custodia dei campi e lo spirito del grano, ma anche le messaggere della terra.
Con questi piccoli uccelli l’artista sostituisce le due colombe che, elemento fondamentale nell’antichità, erano appollaiate sul Dio Sokar, raffigurato sulle pietre, simboleggiante il Dio dell’orientamento; funzione, questa, che venne scoperta proprio durante le campagne napoleoniche in Egitto, con Champoillon e l’interpretazione dei geroglifici. In epoche precedenti, poiché gli Omphalos marcavano posizioni dei centri oracolari dell’antichità, con le sacerdotesse ed i loro responsi, venivano erroneamente affiancati alla magia ed alla divinazione. Simbolo dell’alba e del sole “invictus”, quale fusione tra Cielo e Terra , tra Fisico e Metafisico, fra l’Anima ed il Corpo, fra il Divino ed il Mortale, fra il Finito e l’Infinito, fra il Cosmo e la Terra, le pietre erano di forma semisferica, allungata verso l’alto e rappresentavano l’Emisfero Nord Terrestre. La caratteristica dei colombi viaggiatori invece, era quella di orientarsi alla perfezione ritornando al punto di partenza dopo aver coperto fino a circa 1000 chilometri in un giorno. Gli Omphalos marcavano dei punti geodetici e di osservazione astronomica e rappresentavano gradi e primi di arco di meridiano dalle lunghezze progressivamente crescenti. La ampia rete di comunicazioni ed informazioni disponibili con le colombe viaggiatrici permetteva, per esempio, in brevissimo tempo, di conoscere quale era ad una certa ora, la stella o astro allo Zenith di un altro qualsiasi omphalos dalle note coordinate geodetiche. Così rendevano possibile la soluzione di tutti i problemi connessi alla cartografia cosmica e terrestre, oltre alla navigazione, alle dimensioni del pianeta, alle rilevazioni geografiche ed astronomiche in genere e non avevano nulla da invidiare agli stessi moderni sistemi tecnologici e satellitari dove l’uomo, in cambio della comodità, deturpa ed uccide poco a poco le meraviglie dell’Universo e della natura . Attraverso essi, dunque, era possibile fare una mappatura della Terra ed una del Cosmo.
Alcuni Omphalos sono stati ritrovati anche in Italia ed altri pare siano ancora sepolti sotto l’arida sabbia. Alberto Cicerone, come un filosofo o un artista proveniente da civiltà antichissime, ripropone questa fusione tra cielo e terra nell’ambiente antropico di Collarmele e non è un caso che il nome Omphalos , attraverso la storia, abbia assunto il nome di aureo o divino; Le sue sculture, in bronzo, risuonano come una preghiera scritta su territorio, originalissima, quasi a protezione, volendo legittimare Plutarco che definì le allodole simboli del bene che sconfigge il male: “quando l’isola di Lemno infatti fu messa in ginocchio da un’invasione di locuste, pericolose per i raccolti e portatrici di carestie, fu salvata da questi uccelli che mangiarono le uova degli insetti”. In epoca cristiana si racconta che S. Francesco parlasse della bellezza del creato proprio con le allodole e di centinaia di esse che, dopo la sua morte, secondo i racconti di San Bonaventura di Bagnoregio, volarono sopra la casa del santo nonostante fosse notte inoltrata. In epoca medievale la “Lauda Arvensis” venne considerata simbolo di Cristo che sale in cielo, o del bravo monaco che si eleva sugli altri, grazie alla pazienza ed alla preghiera. Anche Dante la cita nel paradiso: “Quale allo doletta che ‘n aere si spazia prima cantando, e poi tace contenta dell’ultima dolcezza che la sazia, tal mi sembiò l’imago della ‘mprenta……”, per lui l’uccello veniva ad incarnare inequivocabilmente il gaudio spirituale che penetra tutto l’essere nella solitudine degli spazi celesti. Ed è così che ci piace immaginare l’artista. Monica Virgilio