Tagliacozzo. In Italia tre giornalisti su quattro sono precari. A confermarlo sono stati oggi i responsabili del sindacato giornalisti Abruzzo e la Federazione nazionale stampa italiana durante un seminario moderato dal giornalista Daniele Astolfi nella seconda giornata del Festival della comunicazione Controsenso. Nella nostra nazione ci sono 50mila giornalisti che hanno la tessera dell’ordine in tasca ma non fanno i giornalisti. “Questo aspetto ha dopato il mondo del lavoro”, ha ricordato Mattia Motta presidente della commissione lavoro autonomo Fnsi, “tre giornalisti su quattro nella nostra nazione sono precari e svolgono un lavoro che fa del racconto del reale la loro professione. Questi colleghi hanno dei contratti di collaborazione che non si usano più se non in alcuni casi nel mondo della sanità”. Motta ha raccontato alcuni episodi della sua professione di giornalista per la quale viene pagato “al pezzo”. “Spesso in tribunale mi fermano e mi dicono non lo scrivere questo articolo, se il giornale ti da 20 euro io te ne do 150 euro”, ha evidenziato, “in questo modo viene calpestata la nostra dignità professionale. Nessuno si salva da solo, dobbiamo difendere la dignità professionale a partire dagli ultimi della fila, abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti e di stare uniti per cercare di correggere delle storture del sistema”.
Significativa anche l’intervento di Claudio Silvestri, segretario Sugc, che ha parlato della situazione del giornalismo nella sua regione. “In Campania l’80 per cento dei giornalisti guadagna meno di 5mila euro l’anno”, ha dichiarato Silvestri, “ci sono 12mila iscritti all’albo di cui solo 1.600 sono professionisti e gli altri pubblicisti. Di questi il 30 per cento è iscritto all’Inpgi, il resto no. La nostra è una precarietà automa. La fabbrica dei giornalisti pubblicisti ha provocato questi danni, abbiamo creato non giornalisti ma forse aspiranti tali. Questa è una professione che si sta precarizzando. Basti pensare che la maggior parte dei quotidiani in Campania ha accesso alla cassa integrazione. Siamo diventati tutti dei volontari, perchè lavoriamo per colossi come Facebook, Google gratis”.
Ezio Cerasi, segretario del sindacato giornalisti Abruzzo, ha precisato come in questo periodo “siamo in balia di una tempesta perfetta, veniamo selezionati sui social tra uguali e grazie a un algoritmo siamo tutti uguali. Per questo torna a essere sempre più importante il concetto di comunità, rilanciato qualche giorno fa da don Luigi Ciotti. Il sindacato unitario ha un ruolo importante e deve esistere per limitare i problemi di una categoria. Non si può fare informazione se non si è pagati, i grandi sistemi vorrebbero il volontariato ma non funziona così. Da qualche mese con tanti colleghi ci siamo rimessi in gioco perchè il nostro sindacato era diventato troppo autoreferenziale e stiamo cercando di rilanciare sul territorio. Stiamo ricevendo molte iscrizioni, un sindacato è forte se la base è forte. La presenza del sindacato, soprattutto sui diritti, può essere efficace se c’è. Il collega deve poterlo sentire che c’è. Bisogna dare una risposta attraverso una presenza. Siamo una delle poche regioni in Italia che non ha una legge sull’editoria, con quel tipo di strumento si possono dare delle risposte. Continuiamo di riavviare un dialogo con le istituzioni e a riparlare delle regole per gli uffici stampa. Dobbiamo rimetterci in moto”.
A chiudere il seminario è stato poi Raffaele Lorusso, segretario generale Fnsi. “Il lavoro nella nostra nazione è sparito da tempo perché in Italia come nel resto del mondo sta prendendo piede il fenomeno secondo cui il lavoro c’è ma deve essere precario”, ha affermato, “solo il Papa ha parlato del lavoro come ricatto sociale. In questo paese è molto facile utilizzare i Co.co.co. per non assumere una persona e non retribuirla come un lavoratore dipendente. Nei confronti del nostro settore il governo precedente non è stato completamente disattento. Ma non si è voluto far carico di bilanciare un impegno finanziario importante sul piano della tutela del lavoro. Ora c’è un nuovo governo che sembra accelerare per la definitiva disgregazione della fabbrica dei giornalisti. Qualche giorno fa è stato approvato un sedicente decreto dignità, scritto in materia approssimativa, dove non è stato affrontato il tema della precarietà. Il sottosegretario all’editoria ha detto che cancellerà i contributi ai gruppi d’informazione, già cancellati da anni fatta eccezione per i giornali editi da cooperative di giornalisti e riviste diocesana. Noi gli daremo battaglia e queste persone dovranno assumersi la responsabilità di aver cancellato mille posti di lavoro. Se c’è il disegno che l’informazione è libera e dà fastidio tra qualche giorno ci sarà il cambio dei vertici della Rai e sarà fatta con una legge del governo Renzi sulla quale noi abbiamo detto la nostra. Chi oggi è il governo disse che era una legge indegna, ma tra qualche giorno l’applicherà. Viva la coerenza”.