L’Aquila. “In Abruzzo è emergenza spopolamento: nell’anno scolastico 2024-25 ci saranno 2.849 alunni in meno rispetto a quello prima.
Preoccupa anche l’aumento del tasso di dispersione scolastica. Non servono provvedimenti tampone, ma un approccio sistematico per superare le criticità del sistema”. A lanciare l’allarme per l’Abruzzo è la Flc Cgil Abruzzo Molise, che illustra e analizza i dati regionali. A livello territoriale, ci saranno 968 alunni in meno in provincia di Chieti, 726 in meno in quella di Pescara, 640 alunni in meno nella provincia di Teramo e 515 in meno nell’Aquilano. Saranno quindi 160.417 gli studenti che frequenteranno le scuole pubbliche abruzzesi nel prossimo anno scolastico. In dieci anni, rileva il sindacato, l’Abruzzo ha perso quasi ventimila alunni (erano 179.465 nel 2014), circa 6.500 in meno solo nell’ultimo triennio.
“Si tratta di un dato che da solo documenta il grave problema della denatalità e dello spopolamento, che si accompagna ad un esodo diffuso delle nuove generazioni in particolare dalle aree interne. La situazione è ancora più preoccupante in prospettiva”, sottolinea la Flc Cgil. Dall’analisi dei numeri, emerge inoltre che se la dotazione organica dei docenti resta confermata (14.460 posti in organico di diritto e 1.274 posti di potenziamento), “oltre il 50% dei posti sul sostegno sarà ‘precario’, mentre sarebbe indispensabile una stabilizzazione dell’organico, per dare risposte in primis agli alunni diversamente abili, che si trovano ogni anno a cambiare docente”. Il tasso di abbandono scolastico in Abruzzo è pari al 9,3% (11,5% in Italia). “Non servono provvedimenti tampone o bandiera, come quelli rappresentati da stanziamenti una tantum (es. Agenda Sud) o pseudo riforme come quelle che mirano a tagliare un anno degli Istituti tecnici e professionali, pensando di cambiare i programmi per rispondere alle esigenze del mercato – commenta il segretario generale della Flc Abruzzo Molise, Piuno La Fratta – Noi pensiamo che il ruolo principale della scuola non sia quello di addestrare, ma di formare cittadini consapevoli, con competenze trasversali e capacità di ragionamento e analisi, che sappiano confrontarsi con un mondo lavorativo in continua evoluzione”. “Per combattere la dispersione – aggiunge – serve innanzitutto un orientamento mirato sui ragazzi, sulle loro attitudini e capacità, investimenti strutturali sul diritto allo studio per i ceti meno abbienti (libri di testo, trasporti gratuiti, borse di studio), un incremento degli organici che possa consentire una drastica riduzione del numero degli alunni per classe soprattutto nel primo biennio della scuola secondaria di secondo grado e negli istituti professionali. Non è un caso, infatti che siano proprio i ragazzi che provengono da ambienti socialmente svantaggiati ad avere maggiori probabilità di abbandono precoce degli studi”. “La politica regionale e nazionale non può limitarsi a fotografare l’esistente, ma dovrebbe impegnarsi a rimuovere tali disparità di trattamento, in attuazione dei principi costituzionali. La direzione in cui si sta andando, invece, sembra diametralmente opposta, come dimostrano i tagli del dimensionamento scolastico e il progetto di autonomia differenziata e di regionalizzazione dell’istruzione. Noi pensiamo che per non rassegnarsi alla residualità sia necessario investire sull’Istruzione ed evitare che i diritti costituzionali possano essere differenziati in base al luogo in cui si vive”, conclude il sindacato.