Avezzano. Il camoscio appenninico è un endemismo dell’Appennino Centrale, un animale unico al mondo che ha seriamente rischiato l’estinzione nel secolo passato. In virtù del suo forte valore conservazionistico, il PNALM svolge ogni anno monitoraggi sul camoscio che sono fondamentali per definire il numero minimo certo degli individui, registrare le fluttuazioni annuali, evidenziare alcune criticità nella popolazione e soprattutto analizzare i trend demografici nel lungo periodo.
Quella del PNALM è una della 5 colonie di camoscio appenninico presente in Italia Centrale, il “nucleo originale” da cui sono stati prelevati gli individui per le reintroduzioni operate sulla Maiella, sul Gran Sasso e sul Velino a cavallo tra gli anni ’90 e gli anni 2000. In linea generale, l’andamento della popolazione risulta stabile e i parametri vitali in linea con i valori osservati negli ultimi anni. In tutto, sono stati conteggiati: 621 camosci, 118 nuovi nati e 73 capretti al primo anno.
Come negli anni passati, però, questi numeri vanno interpretati alla luce delle differenti dinamiche di popolazione per i diversi settori del Parco dove sono presenti i camosci.
Il settore del Marsicano continua ad essere quello maggiormente dinamico ed in considerevole crescita, con un tasso di sopravvivenza dei nuovi nati al primo anno dell’87%. Qui, nel 2003, si trovavano solamente 15 camosci, oggi ben 170!
Nel settore “storico” (Gruppo Petroso – Camosciara – Mt. Amaro), si conferma il leggero decremento osservato negli ultimi anni. Analizzando i risultati dei parametri demografici, osserviamo come il tasso di sopravvivenza al primo anno del 2021 (53%) sia leggermente più basso di quello del 2019 e del 2020. Un valore che però è perfettamente in linea con quello degli anni passati e con la media registrata dal ‘98 ad oggi.
Il settore delle Gravare e quella della Rocca Altiera continuano invece a crescere. Qui sono stati conteggiati complessivamente circa 55 camosci in più rispetto ai 2 anni precedenti.