Ovindoli. L’associazione scientifica Societas Herpetologica Italica, a firma del presidente Roberto Sindaco, e il WWF, con il vice presidente nazionale Dante Caserta, hanno scritto una lunga nota congiunta al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa per segnalare una emergenza ambientale che mette a rischio la sopravvivenza di una delle poche popolazioni esistenti di Vipera ursinii, un rarissimo serpente, assolutamente innocuo per l’uomo, presente in Italia soltanto in poco più di una dozzina di siti concentrati nell’Appennino centrale tra Abruzzo e Marche e in pochissime altre località d’Europa. L’allarme nasce in relazione ai progettati lavori per la realizzazione di nuovi impianti da sci in località Campi della Magnola e Valle delle Lenzuola, nel territorio di Ovindoli, a circa 2000 m, all’interno della ZPS IT7110130 “Sirente-Velino” e a 600 m di distanza dal SIC IT7110206 “Monte Sirente”.
Le opere, semmai malauguratamente autorizzate, determinerebbero danni gravissimi nei confronti della Vipera dell’Orsini, senza dubbio il serpente italiano che corre i maggiori pericoli di estinzione, considerato raro e minacciato anche nel resto d’Europa. Vipera ursinii è peraltro inclusa nell’Appendice I della Convenzione di Washington (CITES), nell’Allegato II della Convenzione di Berna, negli allegati II e IV della Direttiva Habitat 92/43/CEE ed è inoltre protetta dalla Legge Regione Abruzzo 50/93, sulla tutela della fauna cosiddetta minore.
Le ricerche scientifiche individuano tra i principali fattori di minaccia per questa specie le uccisioni volontarie o accidentali da parte dell’uomo e la alterazione e/o distruzione dell’ambiente naturale anche a causa di estesi interventi antropici tra i quali è citata esplicitamente la costruzione di impianti di risalita il cui effetto nefasto è stato studiato in situazioni analoghe a quella che si vorrebbe proporre in Abruzzo. Lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) che accompagna il progetto è ben consapevole del rischio.
“Gli impatti diretti più importanti”, vi è scritto, “riguardano l’uccisione diretta degli individui a causa della movimentazione della terra con i mezzi meccanici”. Si rischierebbe infatti una vera e propria strage per un animale che, a fronte del violento disturbo determinato dai mezzi in movimento, avrebbe la risposta istintiva di rintanarsi nella propria tana, con la conseguenza di incrementare a dismisura il numero delle uccisioni.
La misura di mitigazione proposta “di far presenziare, per la durata degli scavi, uno o più specialisti (erpetologi), che possano catturare temporaneamente e rilocare gli individui di Vipera ursinii, nell’eventualità del loro rinvenimento accidentale (es. scavi, rumore)” appare del tutto irrealizzabile. È infatti in contrasto con la normativa europea, nazionale e regionale in vigore ed è comunque concretamente impraticabile perché da una parte non avrebbe alcun senso limitare l’intervento unicamente agli animali accidentalmente rinvenuti e dell’altra appaiono insormontabili le difficoltà connesse alla individuazione e cattura (proibita!) di tutti gli individui presenti nel territorio a fronte di una specie elusiva e sfuggente qual è Vipera ursinii, alla loro momentanea collocazione in aree diverse e alla successiva reintroduzione in situ. Non si considera, tra le altre cose, che se la specie è presente in così pochi habitat è evidentemente perché solo in quelle specifiche situazioni riesce a sopravvivere. L’operazione ipotizzata sarebbe distruttiva per Vipera ursinii, a tal punto da renderne possibile l’estinzione locale, con gravissimo danno per una specie rara e minacciata nell’intera Europa.
Analogo discorso sugli impatti indiretti. Nello Studio si sostiene che siano “mitigabili mediante un piano di rinverdimento progressivo delle aree sottoposte a modifiche, nel medio-lungo periodo. Qualora la vegetazione indigena dovesse ristabilirsi, l’area di intervento potrebbe tornare nuovamente ad ospitare la specie target, che deve necessariamente essere conservata altrove”. Appare del tutto insufficiente parlare di un piano di rinverdimento progressivo ammettendo a priori che l’esito è tutt’altro che scontato (“… qualora la vegetazione indigena dovesse ristabilirsi …”) ed è di nuovo impraticabile e contra legem l’ipotesi di conservare “altrove” (dove?) individui appartenenti a una specie minacciata e ad altissimo rischio di estinzione.
La buona intenzione, affermata nello Studio, di provvedere a conservare alcuni elementi del paesaggio ecologico necessario alla specie quali: pietraie di grossa pezzatura, massi erratici fratturati e formazioni a ginepro prostrato la cui eliminazione è da evitare, ma, attenzione, solo qualora non pregiudichi la realizzazione dei lavori e la fruibilità in sicurezza delle piste, appare quasi una presa in giro a fronte dell’entità del danno arrecato a un prezioso e raro serpente. Nello Studio di Impatto Ambientale si giudica infine opportuno prevedere un piano di monitoraggio, in accordo ad esempio con l’Università, al fine di osservare i progressi nella ricucitura del paesaggio vegetale e controllare l’eventuale ricolonizzazione da parte della Vipera dell’Ursini dei territori coinvolti dai lavori. Il fatto stesso che si parli, con onestà intellettuale, di una “ricolonizzazione” soltanto “eventuale” rende indispensabile, a tutela della specie e dell’ambiente, respingere ogni ipotesi di costruzioni in un’area delicata e importante. Proprio per questo la Societas Herpetologica Italica e il WWF hanno sollecitato l’intervento diretto del Ministro dell’Ambiente.