Avezzano. Il 13.1.1915 alle ore 7,50 la Marsica fu sconvolta da una violentissima scossa tellurica che lasciava nel campo 28257 morti su 100.000 abitanti e la sua capitale Avezzano che contava 9000 persone si riduceva ad appena 2000 anime, restando orfana del sottoprefetto Stendardo,del sindaco Bartolomeo Giffi, dei consiglieri provinciali Luigi Vidimari, cui decedevano pure la consorte e 3 figli,Vincenzo Cerri, Giuseppe Iacobacci e Gennaro Spina,nonchè degli abili politici Berardino Villa,Panfilo Sclocchi,Ambrogio Cipriani, Angelo Paoluzi e Giovanni Pace. Antonio Iatosti ebbetra i morti un fratello ed un figlio.Tutta l’associazione culturale e politica democratica marsicana che si riuniva nel cenacolo della vivace tipografia Angelini andò irremmediabilmente sacrificata.Gli eredi del deputato Emanuele Lolli da poco scomparso possedevano l’ambito tavolario Gallarano sulla divisione della superba contea celanese con la svendita di Costanza Piccolomini e che lo stesso aveva negato alla consultazione dello studioso del feudalesimo Enrico Celani e che andò irrimediabilmente perduto nelle macerie.Sotto le stesse macerie del maniero Orsini Colonna di proprietà di Francesco Spina periva la nobildonna Maria Cerri Spina quasi centenaria Decedevano altresì i vecchi liberali Angelo Cerri vecchia guardia nazionale durante il risorgimento e l’unificazione italiana. e detective nel medioriente,l’ex parlamentare Giovanni Cerri di Gennaro, antitorloniano di ferro, oltre i rappresentanti dei Resta, dei Brogi, dei Corbi come i genitori del futuro onorevole Bruno con il consigliere comunale Giovanni e di altre famiglie illustri vedasi i genitori del futuro generale di finanza Pasquale Calabrese inviato in un orfanotrofio che erano Gennaro ed Angelina Bianchi, i genitori dello psicologo e scrittore Giuseppe Pennazza Vincenzo ed Elisabetta Colella, i familiari dell’avvocato Armando Palanza ed altri come si ricava dai conci dei portali recuperati e conservati nell’archivio lapideo del comune.Purtroppo mani rapaci ed occhiute trafugarono il portale di S.Nicola della felice scuola marsicana coeva delle chiese di S.Cesidio di Trasacco e di Santa Maria di Luco dei Marsi, oggi in mostra al Louvre di Parigi.Invece il busto argenteo di S.Bartolomeo era trafugato nel treno che lo avrebbe dovuto portare al sicuro a Sulmona assieme ad altri reperti, tra cui le statue di Ortucchio responsabile dell’emergenza il parroco don Domenico Berardinetti santemariano di Scanzano. Nell’illustre casato Cerri si salvavano il capofamiglia Gennaro che poi sarebbe diventato capo dei combattenti e commissario prefettizio a Luco dei Marsi nel 1919 e Margherita figlia del dottor Antonio e di Marianna Jetti poi impalmata dal brillante uomo politico trasaccano avv.Cesidio De Vincentiis seguace del governativo Erminio Sipari, poi sottosegretario alla marina e rappresentante della locale agenzia della banca cooperativa di Alfedena.
Il De Vincentiis, in occasione del sisma del 15, era commissario speciale e scriverà che Trasacco era totalmente dimenticata per la negligenza degli amministratori e per la latitanza governativa, anche se,poi,si organizzava un comitato dei soccorsi pro Marsica, presieduto dal sen.abruzzese Mansueto De Amicis di Alfedena.
L’abate d.Domenico De Vincentiis annotava che il terremoto aveva prodotto 26 morti e 117 feriti sulla popolazione e aveva squassato molti edifici, lesionando le mura e facendo crollare le volte dei tetti.
Il campanile della basilica di S.Cesidio presentava la sua cuspide piramidale caduta a metà e la torre feudale aveva i merli scemati e le possenti muraglie squarciate come una folgore.
Tra le case più rovinate, c’era quella dei Febonio, la cui famiglia era martoriata con la morte di diversi bambini del capofamiglia Beniamino e fu osservata dal re in persona venuto a rendersi conto del disastro, oltre a tutti gli edifici pubblici;comune, pretura, scuola, caserma dei carabinieri.
L’abate annotava che la gloriosa residenza della nobile Porzia Febonio, madre esemplare del cardinale Cesare Baronio, non era stata risparmiata dalla distruzione.
La basilica ebbe rovinato l’organo dalla caduta del campanile e un pezzo d’abside crollò sul coro rompendo la mensa consacrata dell’altare maius.
Gli altri altari rimasero intatti, tra cui quelli del patrono con la statua,del sacro braccio e delle reliquie dei SS.martiri e, tranne qualche pilastro, le volte, pur lesionate, tennero nel complesso come pure rimasero intatti i preziosi portali.
Anche la gloriosa campana di S.Cesidio fu rimessa in sesto dall’artefice Biagio Paponetti, mentre il restauro generale fu opera dell’impresario Paolo cav.Ciocci, poi podestà luchese.
Il re Vittorio Emanuele III nominò commissario civile per le zone terremotate della Marsica Secondo Dezza ispettore centrale del ministero dell’interno nel governo dell’avv. Antonio Salandra peraltro difensore di Collelongo nelle liti demaniali contro Balsorano et alios.
Il deputato Erminio Sipari denunciò subito la gravità dell’evento e i ritardi degli aiuti, ma i primi soccorsi arrivarono solo il 14 gennaio, quando dal convoglio partito da Roma scesero l’on.Giovanni Torlonia deputato di Avezzano e lo stesso on. Sipari con 500 soldati.Nella mattinata partiva anche il treno reale con il monarca, il direttore generale delle ferrovie statali comm.Riccardo Bianchi, subito dimissionario per i ritardi poi senatore riabilitato, divenuto ministro dei trasporti ed il ministro dei lavori pubblici Augusto Ciuffelli.
Italo Pio fu il regio commissario pro tempore di Avezzano, coadiuvato dal segretario comunale superstite Michelangiolo Colaneri.
Il terremoto del 1915 a Collelongo fu particolarmente dannoso per l’assiepato centro storico del paese che il vescovo mons.Lajezza aveva definito nelle sue visite pastorali simile ad una Bicocca ed i collelonghesi avvertirono il dramma di Avezzano dal fumo che si alzava dalle sue macerie perché in loco i crolli furono sporadici in quanto eretto sulla roccia conglomerata su una conoide di deiezione antica del monte Serralunga e si contarono sulle dita.
Infatti l’attuale piazza della chiesa, l’attuale via della chiesa, la piazza di sant’Angelo, il largo triangolare vicino il palazzo Botticelli, il largo della Resistenza erano ripieni di abitazioni e dove erano ubicate pure la primitiva chiesa di sant’Angelo e la cancelleria comunale davanti la sagrestia attuale della chiesa parrocchiale di Santa Maria. I diversi delegati speciali che si avvicendarono nel triste periodo che coincise poi con il terribile primo conflitto mondiale decisero per lo sventramento del fitto abitato interno ed era sacrificato il tempio dedicato a sant’Angelo risalente al 1188, menzionato nella bolla del papa Clemente III inviata al vescovo dei marsi Eliano. La chiesetta patronato dei Botticelli era attaccata alla casa Salucci, già Cesta Iolanda e Rossi ed occupava il largo dal vico II o di Graziano Fiore al vico III Floridi e confinava con i VITTORINI DE CARIS mediante un vicoletto che sfociava, dopo aver attraversato un portico sorreggente la torre dei Vittorini pure abbattuta, fuori S.Rocco,
Gli unici resti della chiesa, che era un’abazia, consistono in una mitria abaziale con infule e una testa di Serafino per S.Michele Arcangelo che sono incastonate nell’altare maius, già di S.Matteo ricostruito dal parroco d.Severino Rossi alla Madonna a monte.Collelongo all’epoca era una piccola SAN GIMIGNANO toscana con ben 6 torri visibili come da una fotografia d’epoca da oriente.
I Floridi ebbero danni nella torre abbattuta da mastro Stefano Grande e nella cappella gentilizia e dal cornicione cadde l’epigrafe del fondatore del palazzo notarius Marinus Floridus 1625 riutilizzata all’interno dell’abitazione del senatore Ottaviano Del Turco dallo stesso Grande.Tutto il materiale di risulta fu scaricato, dopo la costruzione di un ponte sul torrente RIO, da parte dell’impresario Orazio Rossi, poi podestà e sindaco sopra lo stesso, creando la piazza S.ROCCO.
La torre marchionale dall’alto dei suoi 30 metri circa non ebbe alcuna scalfittura al contrario di quella di Trasacco che apparica come folgorata, ma i proprietari Antonio Serafini all’epoca sindaco e gli eredi De Caris in Bellisario e in Giovannetti approfittarono per dimezzarla ed utilizzarne mutui ad personam, tanto era robusta che il mastro Stefano Mancini ebbe a rosicare parecchio per dimezzarla.Nonostante tutto, non ci furono tante vittime al suo interno che invece risultarono nella casa in via delle vigne n.32 dove il primo regio delegato speciale Arturo Cesaroni l’8.2.1915 registrava la morte alle ore 7,55 del 13.1.1915 di Tranquillo di 7 anni figlio di Giocondo Salucci muratore e di Filomena Ercole, testi Mariani Rosa di 64 anni,moglie di Giuseppe Belmaggio detto Panzuto e Del Turco Angela di 34 detta la Villacchiana.Il bambino era fratello di Giovanni e di Grazia .
Intanto si espropriavano i terreni dei ricchi canonicati della chiesa appartenenti all’arciprete d.Giuseppe Cesta e ai sacerdoti Camillo Cesta, Federico Barile e Ferdinando De Cristofaro per la costruzione delle casette asismiche ad opera dell’impresario settentrionale G.Perruchetti da Como.
Giovanni Salucci di Giocondo scrivendo al duce Mussolini in persona con devozione e chiedendo scusa per l’ardimento otteneva in riparazione una casetta asismica intera.
Lo stesso regio delegato Cesaroni registrava il decesso alla stessa ora di Cianciusi Maria Domenica di 17 anni e della sorella Concetta di 14 anni, figlie di Michele Cianciusi e di Sucapane Maddalena abitanti nella casa posta in via Trasacco n.163.
Lo stesso regio delegato regio registrava il decesso di Ciccone Sabina Gaetana a 65 anni di Felice e di Salucci Maria Loreta e vedova del fu Ciccone Nicola, morta alle 7,55 del 13.1.1915 nella casa posta all’Ara dei Santi n.16
Il successivo regio delegato avv.Angelo Paradisi registrava il 14.2.1915 il quinto decesso avvenuto il 13.1.1915 in via dietro le mura di Ranalletta Filomena di 38 anni, nata a Collelongo e moglie di Paolo Pala e figlia di Salvatore e di Zaurrini Marianna domiciliati a Celano.
Invece rimaneva ferito sotto le macerie vicino il campanile e claudicante ad una gamba Vincenzo Pisegna alias Boccione antesignano dei trafficanti di antichità e cimeli storici, padre del maestro compositore fisarmonicista Marco cieco la cui madre Maria Domenica Pisegna detta Pizzuchella dal padre Marco detto Pizzuco fu la prima infermiera del paese avendo contatti con il maggiore medico Marinacci Manfredo originario di Collarmele e parente dei Floridi a Roma e con altri medici dell’ospedale civile SS.Filippo e Nicola di Avezzano.La stessa gestiva il bar Giovinezza, nella casetta asismica di Angelo Fiore durante il fascismo e dove si svolgevano i primi veglioni danzanti.
Firmavano gli atti, oltre i suddetti, i regi delegati avv.Angelo Paradisi, Nicola Cico poi gli ass.Sansone Rocco, Amabile Rossi ed il sindaco Antonio Serafini.Intanto diventava sindaco Beniamino Di Fabio di origine aquilana e nonno del compianto urologo Giuseppe Di Fabio, che aveva sposato la maestra Rosa Fiore figlia del notaio Alfonso, già primo sindaco italiano nel 1861.Il 15.6.1915 un pepato ricorso fu diretto contro il Di Fabio dall’avversario implacabile Orazio Rossi successivamente plurisindaco di Collelongo in cui si faceva presente al commissario civile di Avezzano Italo Pio una serie di illegalità perpetrate dallo stesso, chedendone la rimozione, tra cui il fatto che aveva tolto ai suoi amici di partito il gravame sui dissodati comunali, perché il figlio primogenito Ugo in qualità di supplente telegrafico aveva rilasciato 2 mandati illegali, giacchè nel bilancio del commissario prefettizio Giacomo Ottaviani,segretario Cesidio Genchi. tale fondo era stato soppresso.Poi perché condannato il 3.8.1914 dal tribunale di Avezzano ad una multa di l.500 per aver favorito la commerciante Angela Fiore moglie del suo assessore amico di partito Rocco Sansone per l’apertura fuori orario del suo esercizio di vendita delle carni, ma soprattutto per essersi appropriato di una cambiale di 1000 lire emessa da Pisegna Orazio fu Stefano, adducendo la scusa che occorresse al comune ed inducendo in errore anche l’assessore Loreto Manna nonno degli ingg.Dante,poi direttore dell’Ersa,Loreto e dell’avv.Daniele Sansone poi sindaco di Avezzano come mallevadore.Poi era stato querelato da Attilio Blasetti, marito di Rachele Maussier di Enrico sindaco per 7 anni e figlio di Andrea commerciante di generi diversi, acquirente del palazzo Botticelli dall’on.Emanuele Lolli di Avezzano per averlo qualificato di fama pessima, di condotta mediocre, di carattere violento-infatti si diceva che per motivi politici avesse accoltellato a morte il socialista Stefano Mancini- proclive a far danno ed alla speculazione e doveva discutersi la causa in proposito, ma a causa del terremoto fu tutto interrotto.Infine trovavasi sotto processo per rispondere del reato di cui all’art.185 del codice penale per avere indebitamente esercitato le funzioni di pubblico ufficiale, sebbene ne fosse decaduto di diritto perché rinviato a giudizio per reato contemplato nell’art.275 del codice penale e anche questo processo per sua fortuna andò a monte a causa del terremoto e ancora fu condannato dal pretore di Trasacco a L.100 di multa per l’art.290 del codice penale perché reo di falsità nella sua qualità di sindaco, cambiando la data di nascita di tal Venettacci Enrico suo amico di partito per un nulla osta di passaporto per l’estero onde consentirgli l’espatrio pur avendo superato il 40°anno di età.In base a questa sentenza passata in giudicato al Di Fabio fu comminata la decadenza come sindaco e come consigliere, nonché la cancellazione dalle liste elettorali, ma ancora una volta il terremoto troncò le pene. Dopo il disastro tellurico del 13.1.1915, lo stesso si rivelò del tutto inadatto alle necessità del caso e affermò pubblicamente in piazza davanti all’on.le Erminio Sipari che i cittadini di Collelongo non avevano bisogno di nulla e poco mancò che non fosse linciato dalla folla inferocita e quando arrivarono i primi soccorsi in viveri li distribuiva con metodi partigiani dando tutto ai suoi fautori e nulla agli altri e questa riprovevole condotta indignò talmente la popolazione da costringere il consiglio comunale a protestare presso il regio commissario per la decadenza del sindaco, anche in un memoriale.Un’altra sottoscrizione di 250 firme di elettori era stato inviata, tramite il regio commissario al ministro dell’interno per disfarsi di tal individuo e l’esposto concludeva di provvedere alla rimozione di così gravi inconvenienti.Il 10.5.1915 il nuovo delegato speciale Nicola Cico era invitato dal commissario civile di Avezzano Italo Pio a rendere conto della situazione ed il Cico affermava che il sindaco nel luglio riuniva la giunta d’urgenza per deliberare il mutuo di mille lire con Orazio Pisegna fu Stefano che già aveva prestato altre somme al comune ad interesse poiché lo stesso sindaco controllava i libretti postali e sapeva chi possedeva i danari e senza indugi incassava la somma, senza versarla alle casse comunali, non ottemperando alla legge e non facendo ratificare il deliberato preso d’urgenza.Dopo qualche tempo il Pisegna pretese anche gli interessi con la cambiale legale, facendola firmare anche dall’ingenuo assessore Manna Loreto il quale riteneva che la somma fosse stata versata al tesoriere.Intanto il Pisegna pretese la prima rata degli interessi di lire 25 ed il sindaco Di Fabio ordinò al tesoriere di pagare ottenendo un secco rifiuto e allora pagava di tasca propria e solo allora uscivano fuori le magagne ed il Manna seppe dell’imbroglio e così pure il Pisegna e del fatto non fu avvertito nemmeno l’assessore anziano Amabile Rossi già sindaco che era stato tenuto a bella posta all’oscuro di tutto, sebbene esperto.Quest’ultimo in seguito si trasferiva ad Avezzano ed il figlio Giacinto Rossi creava un impero economico finanziario rilevante in campo edilizio costruendo quasi tutti gli edifici pubblici della città come scuole ed uffici.
Decedevano per cause naturali invece il 14.1.1915 in Aprico Sucapane Vincenzo di 66 anni marito di Ranalli Santa alle ore 20, su registrazione del delegato Arturo Cesaroni e nello stesso 1915 in Amplero Bianchi Genoveffa di 41 anni di Valerio e di Pilaroscia Anna Francesca su registrazione dell’ass.Rocco Sansone, segno che erano abitate le stallette in loco anche per paura del sisma.L’assessore Rocco Sansone avrà un successivo e brutto destino alla fine del secondo conflitto mondiale, quando tradito dalla spia italiana Domenico Castronovo detto Mimì il siciliano era denunciato ai tedeschi perché aveva ricettato ufficialmente il soldato disertore Gioacchino Pascale assieme alla guardia di finanza Damaso Di Loreto, arrestato arbitrariamente e giustiziati barbaramente a Colletrone località vicina a Trasacco, mentre era riscattato mediante danaro un altro malcapitato Guerino Moro mugnaio, pure preso nella retata.
Intanto, a causa delle scosse telluriche, le sorgenti si essiccarono e complice lo scoppio della prima guerra mondiale iniziarono aperte ribellioni ed i sindaci eletti furono costretti a dare le dimissioni per cui si avvicendarono diversi commissari forastieri come l’avv.Antonio Retico nel 1917, il cav.Cesidio De Vincentiis trasaccano bisnonno dell’avv.Gianni Letta nel 1918, Giuseppe Murè, Vincenzo Schiavone, Antonio Serafini, Berardino Macera, Ludovico Maussier ed il sindacalista fascista degli agricoltori Ciro Cicchetti al momento residente a Collelongo e sposato con Giulia Blasetti di Andrea acquirente nel 1870 dal Lolli del palazzo Botticelli con atto Bizzarri.Poi scoppiava la prima guerra mondiale, cui seguiva la spagnola e poi ricominciava il triste esodo interno ed esterno soprattutto verso gli USA che spopolava irrimediabilmente Collelongo.
Prof.Francesco Belmaggio storico ed araldista