La scelta di suddividere i vini in categorie omogenee per le finali di Gironi divini si è rivelata azzeccata. Ciò ha permesso sia di dare la giusta visibilità alle diverse aziende partecipanti, sia di raccontare al pubblico le caratteristiche dei vitigni e dei vini che stavano assaggiando. L’idea di Franco Santini, direttore artistico della manifestazione di strutturare le serate in varie appuntamenti ha permesso di ritagliare uno spazio per fare “formazione”, anche in pillole, come è stato fatto, facendo sì che i partecipanti potessero tornare a casa con una maggior conoscenza e consapevolezza del vino d’Abruzzo. Perché è solo avendo bevitori migliori che si possono avere vini migliori.
Nella penultima serata della nona edizione della manifestazione che valorizza e fa conoscere il vino abruzzese protagonisti sono stati il Pecorino e il Montepulciano giovane. Per la categoria Pecorino in finale erano stati selezionati dalla giuria tecnica che si è riunita nelle scorse settimane i vini delle seguenti cantine: Abbazia di Propezzano, Velenosi, Strappelli, Faraone, Natarelli, Tocco, Tenuta I fauri, Radica e Olivastri (era previsto anche quello di Cingilia, molto interessante, ma non degustato per problemi di consegna col corriere…ma è molto buono, fidatevi!). Tutti annata 2020.
In generale, tutti i vini hanno avuto un altissimo gradimento dal pubblico dei wine-lovers, riscuotendo la più alta media punti delle tre giornate di Gironi Divini, a dimostrazione del fatto che il Pecorino è un vino trasversale, che ha sempre grande appeal sul bevitore medio. Un vino la cui qualità media è decisamente migliorata nel tempo, grazie ad una maggior consapevolezza dei produttori.
Il Pecorino più apprezzato dal pubblico, un po’ a sorpresa, è stato l’Ariosa della piccola azienda Olivastri Tommaso, di San Vito Chietino. Un pecorino di costa, quindi, davvero ben fatto. Sincero, genuino ed equilibrato: un vino vero, tutt’altro che ruffiano e modaiolo, che rispecchia molto il carattere di chi lo produce. Subito sotto il Pecorino di Tenuta i Fauri e quello di Strappelli, a completare un ipotetico podio. Il primo è ormai un classico, pluripremiato dalle principali guide di settore. Quello del teramano Strappelli è anch’esso un bella sorpresa, vista la fama di azienda “rossista”.
In seconda serata c’è stato poi l’esordio di una categoria nuova: i Montepulciano d’Abruzzo giovani (annate 2018-19). Una scelta ben precisa, perché non ha molto senso mettere a confronto rossi spesso ancora “in fasce”, con Montepulciano invecchiati magari di 10 anni. Qui si è valutata la versatilità, la freschezza, la capacità del Montepulciano ben lavorato e non sovraestratto di essere un vino contemporaneo, più bevibile e meno impegnativo dei “colossi” a cui la gente è abituata.
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A vincere un vino modello in tal senso: il Malandrino 2019 della cantina aquilana Cataldi Madonna. Nome che forse non ha bisogno di troppe presentazioni, ma che è stato volutamente “stravolto” negli ultimi anni da quel “visionario” di Luigi Cataldi Madonna. Visionario perché lui, prima degli altri, spesso intravede direttrici e traiettorie su cui molti spesso di accodano. Ecco allora che il Malandrino ha conquistato tutti per la sua beva trascinante, per la freschezza, per il dinamismo che quel territorio magico di Ofena sa regalare.
In finale, sempre con alto indice di gradimento dei folto pubblico giudicante, anche i 2018 di Buccicatino, Terraviva, Marchesi de Cordano e Il Feuduccio, e i 2019 di Centorame, Tenuta Tre Gemme, Barone Cornacchia, Nicodemi e Podere Della Torre. Vini spesso assai diversi per stile e fatture, ma che hanno nella beva compulsiva un fattor comune che ne decreta il sicuro successo commerciale.