Avezzano. Una condanna a dieci anni di reclusione per omicidio volontario è stato inflitta nei confronti di Hammadi El Ghiabi, 27 anni, il marocchino reo confesso accusato di aver ucciso con una grossa pietra il connazionale Abdelhadi Lem Saadi, per poi gettare il corpo in un pozzo. Ha ottenuto le attenuanti generiche nel corso del processo di primo grado. Il giudice del tribunale di Avezzano, Stefano Venturini, ha quindi ridotto la pena richiesta dal pubblico ministero, Maurizio Maria Cerrato, da 12 a 10 anni. L’omicidio è avvenuto alla metà di dicembre dopo una lite scaturita per un prestito non restituito di cento euro. La colluttazione sarebbe scaturita a causa di un debito di cento euro che la vittima vantava dal suo connazionale quale saldo per il pagamento di un’auto che gli aveva venduto poche settimane prima. L’omicida aveva lamentato il malfunzionamento del motore perché rimasto in panne mente accompagnava la moglie all’aeroporto. Così aveva deciso di trattenere l’ultima rata di un totale di quattrocento euro come risarcimento del disagio subito. La vittima, invece, aveva necessità del denaro perché stava per tornare in Marocco e aveva un volo domenica.
Dopo la colluttazione avvenuta a Strada 37, nel Comune di Trasacco, l’omicida, difeso dall’avvocato Leonardo Casciere, avrebbe caricato il connazionale in auto, vagando per tre ore, forse più, nelle vie del Fucino, prima di abbandonare il corpo in un pozzo per l’irrigazione nella zona della frazione di Paterno, nella speranza che il cadavere non venisse più ritrovato. I due si sarebbero incontrati sabato sera. Proprio a bordo dell’auto oggetto del contendere, una Wolkswagen Polo, è scoppiata la lite. Si erano allontanati lungo una via del Fucino, forse Strada 36. I toni si sono accesi, hanno fermato l’auto e c’è stata una colluttazione in strada. Lem Saadi, la vittima, secondo la testimonianza di El Ghiabi, gli avrebbe fatto un sgambetto, facendolo cadere. Lui rialzandosi avrebbe afferrato una grossa pietra colpendolo più volte alla testa e caricando il corpo in macchina con una iniziale intenzione di portarlo in ospedale. I pozzi per l’irrigazione vengono riaperti a primavera ma il corpo, a quel punto, sarebbe stato irriconoscibile e non identificabile. Secondo la difesa, il marocchino voleva portare in ospedale il ferito ma poi, accortosi dell’avvenuto decesso, avrebbe cambiato idea. L’inchiesta è stata condotta dal pubblico ministero, Maurizio Maria Cerrato e la parte civile era assistita dall’avvocato Rosita Di Lorenzo. L’omicida in un primo tempo avrebbe tentato di occultare le prove, per simulare l’estraneità ai fatti, ma successivamente, forse per il senso di rimorso, avrebbe deciso di presentarsi in caserma, a Trasacco, e confessare.