Avezzano. Il prezzo medio del tartufo bianco aumenta del 28% e schizza a 450 euro all’etto al borsino del tartufo di Alba, punto di riferimento a livello nazionale per il tubero piu’ prezioso d’Italia. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti nel sottolineare che si tratta di valori sui massimi toccati negli ultimi anni con i 350 euro nel 2013, i 500 euro nel 2012 e i 450 euro all’etto del 2017 per pezzature medie dai 15 ai 20 grammi.
A far alzare le quotazioni è stato il lungo periodo di siccità che ha frenato le nascite del pregiato tubero ma si spera ora – sottolinea la Coldiretti – negli effetti positivi del maltempo con le precipitazioni non stop da inizio autunno nelle regioni vocate per la raccolta, dalle Marche alla Calabria, dall’Umbria al Molise, dalla Toscana fino al Lazio e al Piemonte.
E l’Abruzzo non fa eccezione rientrando tra le regioni più conosciute per la produzione di questo tubero pregiato, settore di nicchia che coinvolge comunque oltre 7mila cavatori per oltre 200 quintali di tartufo annui (stime sicuramente al ribasso, soprattutto considerando che negli ultimi anni sono nati numerosi impianti tartufigeni causa delle ottime prospettive di mercato su un territorio) su un territorio con caratteristiche idonee sia al tartufo bianco sia al nero pregiato (invernale, con quotazioni stimate da Coldiretti Abruzzo di oltre 600 euro al chilogrammo, la cui raccolta inizierà ai primi di dicembre), senza dimenticare il nero “uncinato” (autunnale, intorno ai 400 euro al chilogrammo), il “bianchetto” (più piccolo del bianco pregiato, con quotazioni dai 300 ai 400 euro al kg) e il tartufo estivo (raccolto da maggio a settembre, quest’anno con quotazioni dagli 80 ai 100 euro/kg).
Il Tuber magnatum Pico, anche detto tartufo bianco pregiato – precisa la Coldiretti – si sviluppa in terreni che devono restare freschi e umidi sia nelle fasi di germinazione che in quella di maturazione. L’arrivo della pioggia, se non ci saranno manifestazioni violente, fa dunque sperare cercatori e appassionati che affollano le mostre, le sagre e le manifestazioni dedicate al tartufo che coinvolge in Italia circa 200.000 raccoglitori ufficiali che riforniscono negozi e ristoranti, per un business stimato attorno al mezzo miliardo di euro, tra fresco e trasformato. La ricerca dei tartufi praticata già dai Sumeri – riferisce la Coldiretti – svolge una funzione economica a sostegno delle aree interne boschive dove rappresenta una importante integrazione di reddito per le comunità locali, con effetti positivi sugli afflussi turistici come dimostrano le numerose occasioni di festeggiamento organizzate in suo onore.
Il tartufo – riferisce la Coldiretti – è un fungo che vive sotto terra ed è costituito in alta percentuale da acqua e da sali minerali assorbiti dal terreno tramite le radici dell’albero con cui vive in simbiosi. Nascendo e sviluppandosi vicino alle radici di alberi come il pino, il leccio, la sughera e la quercia – spiega la Coldiretti – il tartufo, deve le sue caratteristiche (colorazione, sapore e profumo) proprio dal tipo di albero presso il quale si è sviluppato. La forma, invece dipende dal tipo di terreno: se soffice il tartufo si presenterà più liscio, se compatto, diventerà nodoso e bitorzoluto per la difficoltà di farsi spazio.
I tartufi sono noti per il loro forte potere afrodisiaco e in cucina – conclude la Coldiretti – il tartufo nero viene per lo più utilizzato in cottura o per farcire ma anche a crudo, tagliato a fettine e messo su piatti di pasta fresca. Il bianco, invece va rigorosamente gustato a crudo abbinato ai grandi vini rossi.