Avezzano. Il Maestro Jacopo Sipari torna a Lipsia dopo il successo dei concerti del Capodanno.
Dopo il successo dei concerti del Capodanno, il direttore abruzzese insieme alla violinista Abigeila Voshtina solista, torna alla testa della Leipziger Symphony Orchester per tre concerti nel distretto di Lipsia dal 7 al 9 novembre. In programma l’ Ouvertüre da Euryanthe di Carl Maria von Weber, il concerto per violino di Max Bruch e la sinfonia n° 4 in re minore di Robert Schumann.
Ancora storia, tradizione e sentire tutto italiano, nella bacchetta del Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, il quale dopo il grande successo ottenuto lo scorso Capodanno al Gewandhaus di Lipsia, ritorna dal 7 al 9 novembre alla testa della Leipziger Symphony Orchester, che ospiterà quale violino solista Abigeila Voshtina.
Tre le prestigiose location per questa romantica performance: start venerdì 7 novembre alle ore 19,30 alla Kulturhaus di Böhlen, il giorno successivo, sempre alle ore 19,30 presso la Lindensaal in Markkleeberg e domenica 9, concerto conclusivo alle ore 18, alla Stadtkulturhaus di Borna.
“Sono felicissimo di tornare a dirigere – ha dichiarato il M° Jacopo Sipari – un’orchestra così prestigiosa, quale è la Leipziger Symphony Orchester, a due anni di distanza dal debutto al Gewandhaus per il Capodanno. Un rinnovato invito per l’esecuzione di un programma molto interessante, in cui proporremo dopo il brillante Weber dell’Euryanthe, il concerto per violino di Bruch, che ho avuto il piacere di dirigere diverse volte, tra cui con protagonista il leggendario Ilya Grubert, quindi, la IV sinfonia di Robert Schumann, che debuttò proprio in Gewandhaus nel 1841 una delle partiture più anticonvenzionali, che gettò sul tappeto il problema della ciclicità, tentando un’applicazione in ambito sinfonico.
Con questa orchestra ho dei ricordi splendidi, nati certamente dall’ incontro tra il loro “credo” tedesco e la mia direzione che pone, invece, l’attenzione su aspetti più emotivi, in ogni partitura. Ritrovo la mia compagna di lavoro Abigeila Voshtina, nel capolavoro di Bruch a lei molto caro, inatteso dono per festeggiare i miei quarant’anni su di un podio storico, che immagino prezioso talismano di piccole ebbrezze per il prosieguo della carriera”.
Programma accattivante quello presentato dall’orchestra a cominciare dalla Ouverture dell’Euryanthe di Carl Maria von Weber, con quell’attacco infuocato e luminoso a tutta orchestra, che anticipa diverse soluzioni ritmico-melodiche del Lohengrin wagneriano. Infatti, Weber, torna dopo il gotico Freschutz con Euryanthe ad un romanticismo meno macabro e più cavalleresco, fatto di un medioevo sognato e reinventato come luogo di idealità, avventura. Raffinato il Largo di delicata e sognante cantabilità, prima dell’evocazione dello splendido Allegro marcato iniziale, preannunciato da una esposizione fugata degli archi, a sigillo della pagina più interessante dell’opera, cui guardò con grande rispetto e ammirazione il giovane Wagner.
La violinista albanese Abigeila Voshtina ha scelto una vere gemma della letteratura violinistica, che per lei va ben oltre la bellezza intrinseca dell’opera, il Concerto per violino e orchestra n. 1 in sol minore op.26 di Max Bruch. “L’esecuzione di questo capolavoro – ha rivelato la solista – è un’esperienza che ha segnato profondamente il mio percorso musicale. Sotto la guida della mia Maestra, Kumbaro, ho scoperto le sfumature di questa partitura che sembrava svelarmi, frase dopo frase direttamente i suoi segreti, mi si addiceva perfettamente.
Ricordo con emozione che nel 1988, in un periodo non facile per il mio paese, ho avuto l’onore di esibirmi nel foyer del Teatro Nazionale. Era un momento di grande significato, non solo personale, ma anche simbolico, poiché la musica, in quell’epoca di restrizioni culturali, offriva una via di fuga e un modo per esprimere la nostra umanità.
La mia esibizione attrasse l’attenzione di una giornalista italiana, che soggiornava all’Hotel Tirana, il grattacielo più maestoso della mia infanzia. Rimase colpita dalla mia performance e desiderava approfondire le mie radici artistiche, un gesto che dimostrava quanto la musica potesse superare i confini e catturare cuori, anche al di fuori del proprio contesto culturale. La sua curiosità nei confronti della mia giovane età e delle mie capacità musicali era palpabile. Era una donna affascinante, con un abbigliamento “chic” costituito da jeans e una maglietta, che sembravano contrastare con la serietà delle norme culturali dell’epoca. La scena rimane impressa nella mia mente come un simbolo di quell’ armonia che la musica sa creare.
Nell’eco delle note di Bruch e nel sorriso orgoglioso dei miei genitori, capivo quanto fosse importante quel momento: non solo per me, ma per tutti noi. La musica ci attira verso ciò che sopravvive e persiste quale risorsa culturale e storica, capace di resistere, turbare, interrogare e scardinare la presunta unità del presente e questi concerti, nel distretto di Leipzig, resteranno per sempre un capitolo caro della mia vita”. Accanto all’aspetto strettamente tecnico-virtuosistico, favorito dall’apporto di Joachim, il Concerto di Bruch deve la sua fortuna anche all’adesione a quella lunga tradizione di cantabilità intensamente lirica che il violino solista aveva consolidato nel corso della prima metà del secolo, su una linea che da Viotti, attraverso la scuola violinistica francese, portava dritto al cuore della musica strumentale del tardo romanticismo europeo: si tratta di un delicato equilibrio tra un sostanziale conservatorismo strutturale e una vena appassionata e rapsodica, il cui fine sembra essere quello di stupire l’ascoltatore lasciandone, al tempo stesso, intatte le abitudini di ascolto.
La seconda parte del programma è interamente dedicata all’esecuzione della IV sinfonia di Robert Schumann in Re minore op.120. L’opera spicca fra le altre per taglio formale e qualità poetica. Sul frontespizio Schumann asseriva che il lavoro consisteva di Introduzione, Allegro, Romanza, Scherzo e Finale “in un solo movimento” e al tempo della revisione, datata1851, intendeva servirsi del titolo Fantasia Sinfonica, più adatto a un’opera tutta contesta di legami tematici fra un movimento e l’altro e senza interruzione fra gli stessi, un po’ come aveva fatto Mendelssohn nella sua Sinfonia Scozzese e nessuna delle sue opere è così tematicamente unita e conchiusa come questa.
Proprio in questo lavoro minuto di variazione, di allacciamento, di transizione impercettibile, di “Kleinarbeit”, si distingue lo Schumann, capace di ricavare i temi di Carnaval partendo da appena quattro note, e di contenere l’impeto creativo attraverso rispecchiamenti formali che oscillano tra rigore dottrinale e poesia improvvisa, perché se l’occhio può seguire le derivazioni e le inversioni dei temi sulla partitura, l’orecchio rimarrà conquiso dalla fioritura di motivi che sembrano del tutto originali. L’introduzione lenta, impostata in modo simile all’apertura della Quarta di Beethoven, presenta tutti i germogli tematici che verranno poi rielaborati nel primo movimento.
Nella Romanza, l’evocativa melodia dell’oboe si alterna a una ripresa dell’esordio lento della Sinfonia e a una figura in terzine del violino solo, che ritorna nello Scherzo come trio intermedio, ripetuto due volte; quando sembra imminente la ripresa definitiva dello Scherzo, sorprende invece un episodio di transizione verso il finale, ispirato alla Quinta Sinfonia di Beethoven. Dalle nebbie della poesia ossianica emergono lontani richiami di corni e trombe, probabilmente riflesso dell’entusiasmo di Schumann nel 1841 per alcuni “caratteri nordici” nella musica, influenzato dalla fresca conoscenza dell’Ouverture Echi di Ossian di Gade e dai ricordi dell’episodio centrale della Grotta di Fingal di Mendelssohn.








