Pescasseroli. Che significato può avere oggi celebrare l’anniversario di un teatro? E’ forse il messaggio più forte, poiché universale.
Lunedì 27 novembre alle ore 19,30, i riflettori illumineranno il palcoscenico del Teatro Nazionale dell’ Opera di Tirana, orchestra e coro, preparato da Dritan Lumshit, schierati per l’esecuzione della IX sinfonia op.125 in Re Minore di Ludwig van Beethoven, sul podio il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, solisti il soprano Renisa Lacka, il tenore Denis Skura, il mezzosoprano Vikena Kamenica e il baritono Armando Likaj. Questo luogo ha formato e lanciato diversi performer famosi al di fuori del paese, come le cantanti liriche Inva Mula e Ermonela Jaho, gli strumentisti Tedi Papavrami e Shkelzen Doli, i ballerini classici Ilir Kerni e Anbeta Toromani, tra gli altri. Un luogo, che è il centro, il cuore culturale, quindi civile della capitale questo Teatro che ha portato molti artisti a calcare palchi nazionali e mondiali soltanto dopo il collasso del comunismo e che ha inteso mantenere vive tutte le tradizioni culturali anche quelle popolari della musica e del ballo.
“La scelta di dedicare questa serata celebrativa all’esecuzione unica della IX sinfonia di Ludwig Van Beethoven – ha rivelato il Maestro Jacopo Sipari direttore artistico dell’Opera Nazionale di Tirana – è avvenuta in accordo con Abigeila Voshtina, sovrintendente del Teatro, proprio per questa sua dimensione totalizzante. La grande novità da essa rappresentata vuole essere un segno del nostro lavoro e delle linee su cui lo abbiamo basato, ovvero quel coinvolgimento di tutte le varie masse artistiche. La gioia espressa unitamente alla ricerca di questo forte sentimento che permea ogni nota di questa partitura rappresenta il marchio di fabbrica del nostro progetto. Sono felice che questo settantennale si apra su queste note e che attraversi il centenario pucciniano, in una visione che guarda all’Europa e al mondo intero”.
L’attacco della Nona ha qualcosa di iniziatico, è uno dei passi più famosi per l’originalità intrinseca e l’influenza esercitata sulla musica futura.
Il primo movimento (Allegro ma non troppo, un poco maestoso) allarga a dismisura la struttura della forma sonata: ampie zone tematiche sostituiscono i singoli temi canonici, mentre squarci contrappuntistici, idee umbratili e intime, episodi eroici (la tragica marcia conclusiva) ampliano come non mai il quadro espressivo. Lo Scherzo (Molto vivace), generato da una figura ritmica di tre note, ha una forza trascinante interrotta solo dal Trio (in re maggiore) e con le sue entrate polifoniche e lo straordinario intervento solistico del timpano conduce a perfezione il tipo dello Scherzo inaugurato nella Sinfonia eroica.
Il terzo movimento ha una struttura a incastro, fra un primo tema in si bemolle maggiore (Adagio molto e cantabile) di natura quasi liturgica e “organistica” e un secondo in re maggiore (Andante moderato) che si inserisce fra le variazioni a cui il primo tema è sottoposto; un’ampia coda, interrotta da richiami di fanfara, chiude la pagina con l’autonomia di un episodio a sé. L’apparizione del tema della Gioia nel Finale è preceduta da un episodio di transizione di grande importanza: dopo un’armonia crudamente dissonante (Presto), violoncelli e contrabbassi introducono un recitativo che si alterna a brevi ritorni tematici, come citazioni, dei movimenti precedenti della sinfonia: è una pantomima “musicale” di temi proposti e rifiutati, seguita dall’esposizione del tema della Gioia da parte dell’orchestra (Allegro assai); dopo un ritorno alla dissonanza d’apertura, il baritono, riprendendo il recitativo, invita a voltare pagina verso nuovi orizzonti (“Amici, non questi suoni! Ma lasciateci intonare canti più graditi e gioiosi”): è l’invito al finale vero e proprio (Allegro assai), in cui i quattro solisti e il coro intonano nuove strofe scelte dall’Ode di Schiller e impaginate in quattro episodi musicali principali: il primo riprende ed elabora con le voci il tema della Gioia, il secondo lo trasforma in passo di Marcia (con la “musica turca” in orchestra, cioè gran cassa, piatti e triangolo), il terzo (Andante maestoso) introduce un nuovo tema di stampo händeliano per l’immagine della fratellanza universale (“Siate avvinti, o milioni”), il quarto combina in contrappunto rivoltabile il tema principale della Gioia con quello del terzo episodio: una grande architettura sonora che si incammina, attraverso una quantità di episodi secondari, alcuni anche di estatica commozione, verso la trionfale conclusione, quel tripudio musicale nel quale Maynard Salomon vede fuse insieme quattro componenti caratteristiche dell’ultimo stile beethoveniano: il canto, la danza, la variazione e la fuga, diventa così festosa enunciazione di un messaggio di libertà di fratellanza universale, che riprende da Schiller l’ideale di una nuova società. Per il poeta tedesco, convinto seguace di Kant, lo scopo dell’arte era quello di indirizzare l’umanità verso un nuovo ordine sociale, verso una nuova forma di armonia e di pace, che avrebbe permesso il libero sviluppo di tutte le potenzialità umane.
Un filo, che vogliamo immaginare rosso, legherà, così i valori di libertà, di passione, di democrazia e di pace. Non può non partire da un luogo d’arte il dialogo, per riottenere la pace, non può non partire dalla musica, che possiede, forse, il segno più democratico di tutti i linguaggi, poiché come il vento sul mare – ora lieve e impetuoso, ora acquietato – il mutare dell’espressione musicale è variato nel tempo attraverso un susseguirsi incessante di crisi, ripudi, violazioni e rinunzie. La musica e l’arte tutta, hanno la capacità di abbattere ogni muro poiché, pur rispettando l’individualità, di timbro, di interpretazione, fa ritrovare tutti nell’universalità del suo segno iridescente. Dal Teatro dell’ Opera di Tirana quindi, la lezione di pace, per ottenere una terra senza alcuna ghirlanda spazzata via, senza specchi in frantumi, per seguitare ad irrompere pacificamente nella vita e in essa nuovamente esordire con più grande forza d’Amore.