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Il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli dirige Traviata in Varna il 27 giugno

Alessandra Ciciotti di Alessandra Ciciotti
25 Giugno 2025
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Pescasseroli. Venerdì 27 giugno, alle ore 21, il M° Jacopo Sipari di Pescasseroli salirà sul podio dell’Arena all’aperto dell’ Opera di Stato Varna, guidata da Daniela Dimova,  per una produzione la cui regia sarà firmata da Srebrina Sokolova. Violetta,  avrà la voce del soprano Aleksandrina Mihaylova

 

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Non avrà mai cedimenti nei secoli la Traviata di Giuseppe Verdi, ed ecco che nell’Arena sul mare di Varna, ci sarà Violetta, che avrà la voce del soprano Aleksandrina Mihaylova, per inaugurare venerdì 27 giugno, alle ore 21, il settore operistico di  questo magnifico spazio. Daniela Dimova, scegliendo questo amatissimo titolo va sul sicuro, ponendo a fianco della Mihaylova, Reinaldo Droz, nel ruolo di Alfredo e Svilen Nikolov, in quello di Giorgio Germont, mentre a completare il quartetto di voci vi sarà Milena Zaharieva, che darà corpo a Flora Bervoix. L’orchestra dell’Opera di Varna, unitamente al coro, avrà da seguire la bacchetta del suo direttore ospite principale, il Maestro abruzzese Jacopo Sipari di Pescasseroli, mentre la regia sarà firmata da Srebrina Sokolova. “Doppia Traviata per me – ha dichiarato il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli – nel giro praticamente di una settimana, poiché il 5 luglio dirigerò nuovamente questo titolo a nell’antico teatro di Plovdiv con la star internazionale Nino Machaidze. Sono dichiaratamente un direttore pucciniano, ma la Traviata resta un nostro inguaribile male. Se si pensa di portare per la prima volta qualcuno a vedere un’ opera lirica, Traviata è tra i primi titoli insieme a Carmen, il Barbiere di Siviglia, Bohème e Tosca, cui assistere, non per nulla in Pretty Woman, Edward Lewis (Richard Gere), porta la sua escort, Vivian Ward (Julia Roberts), a vedere il suo doppio, potrei dire Pretty Violet. Sarà una Traviata giovane questa, attraversata dalla forza della speranza fino alla fine, tutta affidata alle voci fresche dell’intero cast. Insuperabile Ermonela Jaho nel ruolo, con la quale ho, a Pristina, in un gala ai principi di giugno, eseguito l’ “Addio del passato”, ma si sa, ognuno ha la propria idea di Traviata. La partitura è quella per tutti, poi l’agone, al quale partecipa anche il pubblico, da assoluto protagonista, cambia le carte in tavola tra podio, buca, palcoscenico e platea, pur ritrovandoci tutti nella sua essenza: è giusto questo il mistero della Musica”.

 “La Traviata” rappresenta il Verdi “moderno”, in primo luogo per la tempestività (la versione teatrale del romanzo di Alessandro Dumas jr., “La dame aux Camélias”, era andata in scena solo un anno prima), poi, per l’attualità del soggetto e della psicologia, favorita dallo spostamento della trama su di un solo personaggio. Conta, però, soprattutto l’apertura musicale, basti ricordare la costruzione di tutto il primo atto, intorno ad un unico, inarrestabile ritmo di valzer e del terzo su un sommesso parlato, la pulsione erotica mondana e la delusa intimità borghese. Echi, forse, dell’amato Schubert. Nel valzer si riflette al negativo la mondanità del Secondo Impero, una spettrale “vie parisienne”. Simmetrie. “Libiamo ne’ lieti calici” ha (in tonalità maggiore) lo stesso avvio dello sconsolato “Addio al passato”, in minore, introdotto dall’evocativo suono dell’oboe. Verdi “borghese”, organico e ribelle insieme, come ben si conviene in un’epoca in Italia ancora rivoluzionaria, in cui era tale essere anticlericale e patriottici, magari convivere con una donna senza sposarla. L’amore attraversa fremente la diseguaglianza dei ranghi sociali, ma non è questione di ricchezza, ma di gap fra buona società e demi-monde, e pretende di associare stabilmente il giovane di buona famiglia e la cortigiana, che dovrebbero avere per unico legame legittimo il piacere mercenario e temporaneo. La comunicazione s’interrompe per un dislivello incolmabile di amore. L’esistenza dissipata ha preparato Violetta alla passione senza ritorno, alla dedizione assoluta, mentre Alfredo si è soltanto infatuato della brillante esperienza della cortigiana, è temporaneamente abbagliato da quel mondo, ma prontissimo a ritornare al proprio, al solido matrimonio con qualche algida e illibata fanciulla da tradire, poi, con altre più sostanziose amanti. Non ingannino i reciproci slanci amorosi del primo atto. Invero, già allora, il “Croce e delizia al cor” di Alfredo è soltanto una galante serenata. Ben altro è lo spessore emotivo della “povera donna, sola, abbandonata/in questo popoloso deserto/che appellano Parigi”, che vorrebbe, in un congedo estenuato al belcantismo, “sempre libera folleggiar di gioia in gioia” e sospetta giustamente che “sarìa per me sventurata un serio amore”. Viene da pensare alla solitaria morte parigina della Callas, Violetta per sempre, al di là dell’incomparabile maestria tecnica che associava drammaticità e coloratura, per quanto di personale, di incolmabile eccesso di amore irricambiato è fluito nelle sue esecuzioni. Lo scoppio della passione compromette l’accasamento delle vergini (Germont si preoccupa di sistemare la sorellina di Alfredo e intona soave “Pura siccome un angelo”) e turba la pubblica opinione. Germont rappresenta la figura e la legge del padre nei confronti di una Violetta, chiaramente dedita al libertinaggio per mancanza di una sana educazione paterna. Il sacrificio della passione e il saper tenere la bocca chiusa – secondo le buone tradizioni borghesi – è il contributo dell’onesta puttana all’equilibrio sociale. L’innamorato Alfredo, finge di non capire, rinfaccia alla donna che l’ha abbandonato i soldi spesi per lui, eccedendo in villania per gli stessi canoni mondani. Sul prezzo che paga si inteneriscono i carnefici, Alfredo stesso e l’odioso genitore. L’inizio dell’ultimo atto, contribuisce decisamente allo sfaldamento della struttura tradizionale a numeri chiusi, dissolti in un tessuto continuo di recitativi, slanci lirici e ricadute nel pianissimo, in piena corrispondenza alla tempesta sentimentale che investe l’affranta Violetta e alla sua illusione, proprio in punto di morte, di un ritorno delle forze vitali. Violetta morirà sull’etereo suono del violino che ricorderà ancora una volta la prima frase d’amore di Alfredo. Solo il lato buio del  palcoscenico, rivelerà le vere anime dei personaggi svelando il maligno disegno della vita. Tempus fugit.

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