Canistro. Va avanti la vertenza del Comune di Canistro nei confronti della Regione Abruzzo per l’individuazione del soggetto cui assegnare la concessione per lo sfruttamento del giacimento di acque minerali “Fonte S. Antonio – Sponga”. Si è tenuta la prima udienza al Tar dell’Aquila e il collegio giudicante ha riconosciuto l’implicazione di principi giuridici di non poco conto e ha deciso di seguire un rito speciale fissando per il 7 ottobre l’udienza per la definitiva trattazione del merito. Nel mese di aprile, con un corposo ricorso i legali incaricati dal Comune, Salvatore Braghini e Renzo Lancia, hanno diffidato la Regione davanti al tribunale amministrativo, in quanto ha emesso un bando per la concessione delle acque, in cui è stato completamente escluso il Comune di Canistro, amministrato dal sindaco Antonio Di Paolo. «Abbiamo denunciato la violazione delle regole sulla competenza», scrivono i legali, «nonché di diverse leggi nazionali e regionali, ma anche la carenza di istruttoria tecnico-amministrativa, particolarmente grave se si pensa che si tratta di una concessione trentennale non corredata dall’adozione di atti e strumenti legislativamente predisposti per le necessarie tutele ambientalistiche. Abbiamo contestato alla Regione», vanno avanti, «anche l’omessa indicazione dei limiti di emungimento necessari a garantire la salvaguardia del bene “acqua” in relazione sia agli aspetti ambientali del territorio sia a quelli di approvvigionamento idrico. Altro punto controverso è la presenza nel bando di disposizioni antieconomiche e svantaggiose per il Comune di Canistro, riprese dalla legge regionale sulle acque minerali, di cui è stata sollevata eccezione di incostituzionalità. L’ente territoriale, difatti, è stato irragionevolmente escluso da ogni decisione che pure ha immediata ricaduta sulle entrate derivanti dalla concessione e sulle misure compensative per le conseguenze ambientali nel territorio di Canistro, con la previsione di clausole e disposizioni che legalizzano il ricatto occupazionale del concessionario abbattendo il costo dell’acqua minerale da 5 euro all’irrisorio prezzo di 30 centesimi a m/3, di cui solo il 10% entrerebbe nelle casse comunali (0,3 centesimi a m/3)». «Fino ad oggi, peraltro, il Comune di Canistro», concludono Braghini e Lancia, «in mancanza dei decreti attuativi della legge regionale sulle acque minerali, non ha ricevuto nemmeno un centesimo». Intanto, non solo la Regione non ha risposto al primo appello del Comune, che si è concluso con la diffida ma ha dato la concessione, in via provvisoria, alla società Santa Croce che attualmente già gestisce le acque. Al procedimento ha preso dunque parte anche la stessa società Santa Croce nella veste di aggiudicatario provvisorio della gara, in attesa della definitiva aggiudicazione all’esito della verifica dei requisiti economici e aziendali richiesti dal bando. Fino all’udienza del 7 ottobre prossimo la Regione ha tempo per sospendere o annullare la gara e indirne una nuova, correggendo i denunciati profili di illegittimità del bando. Intanto gli avvocati Braghini e Lancia chiedono di essere ricevuti dal governatore D’Alfonso per esaminare le possibili soluzioni che contemperino i molteplici interesse in gioco e per prospettare una via d’uscita alla Regione e un equo riconoscimento al Comune di Canistro.