Dopo che il mosto diventa vino, viene sottoposto a travasi. Da questo momento in poi si dà il via alla fase dell’affinamento. Che cosa vuol dire? In cosa consiste?
Parte da qui il terzo appuntamento della rubrica “Il ciclo di vita di una bottiglia di vino” sponsorizzata dal nostro partner Tenuta Secolo IX.
Nelle scorse puntate abbiamo scoperto come nasce un nuovo vino (per leggere l’articolo completo, clicca qui) e cosa succede una volta che le uve arrivano in cantina (clicca qui per scoprirlo).
Oggi ci concentreremo sull’affinamento, una tappa fondamentale del lungo e complesso processo che porta dall’uva alla bottiglia. Come esempio riporteremo il processo che segue il Fonte Grotta, vino simbolo dell’azienda pescarese Tenuta Secolo IX.
A raccontarcelo, come sempre, l’enologo Donato Di Tommaso.
L’affinamento.
“Durante la fase dell’affinamento, il vino migliora dal punto di vista olfattivo e aromatico. Ciò è dovuto all’attuarsi di specifici fenomeni chimico-fisici. Questi ultimi permettono al vino di raggiungere una certa stabilità, grazie alla quale sarà in grado di ‘affrontare’ la bottiglia”.
Nel caso particolare del vino bianco come il Fonte Grotta di Tenuta Secolo IX, di cui stiamo osservando da vicino le fasi di produzione ormai da tre puntate , “l’affinamento avviene sulle fecce del lievito“.
Perché l’affinamento avviene sulle fecce del lievito.
“Le fecce sono i residui delle pareti dei lieviti, gli stessi che utilizziamo durante la fase della fermentazione alcolica. L’affinamento viene realizzato in questa maniera perché il lievito quando muore rilascia delle sostanze che rendono il vino rotondo, pieno e morbido. Ne migliorano quindi il gusto e l’olfatto.
La scelta del serbatoio in acciaio.
“Abbiamo scelto l’acciaio come materiale per il serbatoio perché è inerte, non tende ad ossidare il vino come il legno o l’anfora quindi è più adatto a conservare i profumi primari e poi è un materiale che si sanifica facilmente e questo ci permette di conservare un vino delicato come il Fonte Grotta al riparo dall’attacco di lieviti e batteri indesiderati“.
“I metodi che vengono utilizzati per l’affinamento sono diversi. Quelli più classici prevedono l’uso dell’anfora o del cemento che noi non usiamo. Il cemento andrebbe bene comunque sul Fonte Grotta perché è più simile all’acciaio rispetto al legno o all’anfora. Quest’ultima invece non andrebbe bene, perché ‘respira’ e il vino tenderebbe a ossidarsi”.
“Sul Fonte Grotta evitiamo anche il legno perché vogliamo conservare e far esprimere i freschi aromi primari del vitigno (gli aromi legnosi andrebbero a coprirli e inoltre il legno lascia passare ossigeno, è poroso, e quindi tende ad ossidare il vino bianco). Tra l’altro, le dimensioni di legno influiscono sulla riuscita del vino: più le botti di legno sono piccole più il vino sarà “legnoso” perché il rapporto superficie (legno) / volume è più a favore della superficie”.
Insomma, il processo che porta dall’uva al bicchiere è lungo e complesso. Tante sono le variabili in gioco. Il ciclo di vita di una bottiglia di vino non finisce qui. Non perderti i prossimi appuntamenti.
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